Pensieri e idee. Articoli di giornale e commenti. Vignette e foto dal mondo. Giornalismo e storie da raccontare. Prodotti trovati su internet e quelli fatti da me all'interno della scuola per la formazione al giornalismo. Libri letti e da leggere. Buoni propositi e cattive azioni.
Ho una bella (non) notizia. No, ho sbagliato. Gli aggettivi, soprattutto quelli che denotano un giudizio di merito, dovrebbero essere dei corpi estranei ad ogni buon giornalista. Magari qualcuno potrebbe trovare la (non) notizia negativa. Quindi ricominciamo.
Ho una (non) notizia. A 17 giorni dalla loro presentazione ufficiale, non ne ho visto nemmeno uno. Eppure vivo a Milano, esco molte sere la settimana, mi muovo con la metro e gli autubus anche a tarda sera, abito in una zona periferica, a volte rientro a casa a notte inoltrata.
Oggi "Il Giornale" pubblica una vecchia intervista del direttore di "La Repubblica", Ezio Mauro, all'Avv. Agnelli ai tempi del Sexgate Clinton-Lewisky. L'ho trovata on line e la linko.
Come è consuetudine di questo blog, non si vuole convincere nessuno, al contrario magari iniziare un dibattito tra idee contrapposte.
La situazione di Clinton e della Lewinsky è molto diversa dal sexygate nostrano di questi giorni (da noi si indaga per presunti reati penali, lì mi sembra di no), così come non sono uguali il contesto socio-culturale e politico statunitense e italiano. Le parole che sta per scrivere 19marzo09 partono da questa situazione, ma possono essere allargate a tante altre.
"Non le sembra assurdo che l'America distrugga la sua leadership per uno scandalo sessuale, in un momento di forte consenso per il Presidente, con l'economia che va bene?", chiedeva in tono retorico Ezio Mauro al l'Avvocato. "Il Giornale", avversario editoriale di "Repubblica" (e anche, e forse soprattutto "politico") sottolinea la "doppia morale" del giornale del Gruppo Espresso, oggi protagonista della campagna contro il premier.
Ripeto le situazioni sono diverse, ma una "doppia morale" anche 19marzo09 la nota. "Repubblica" era libertina e si scopre bacchettona, era assulotoria mentre oggi è inquisitoria, chiedeva agli intervistati "E' qualcosa che serve ad emozionare la gente più che a informare i cittadini?" ora si scandalizza dei silenzi del Tg1.
Quello della "doppia morale" è un costume caratteristico dell'Italia, dei due schieramenti politici, della società e anche dei mezzi di informazione. Garantisti se si è indagati, giustizialisti se sul banco degli imputati ci sono gli avversari; libertini se si è baccati con le braghe calate, bigotti se è l'altro ad essere beccato con le mani in pasta; proporzionalisti o maggioritari a seconda delle convenienze. Si può dire che 19marzo09 è giovane e idealista, ancora non sa che la vita può mettere di fronte a situazioni in cui si deve essere scaltri, opportunisti, calcolatori. 19marzo09 risponde che è il contrario. E' disilluso e molto pragmatico. Avere una posizione chiara e possibilmente coerente nel tempo aiuta a non prestare il fianco agli avversari.
PS: La morale è semplicemente l'atteggiamento che assumiamo con le persone che non ci piacciono", O. Wilde.
Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok oppure No. Grazie Mille! Puoi votare le mie notizie anche in questa pagina.
Non credo che l'onda che sta investendo il Cav. lo spazzi via dalla scena pubblica nè tantomeno quella politica. Ma fantasticare è ancora gratis. Approfittiamone e immaginiamo per un attimo una fine nefasta di B.
Credo che una volta sparito B, siano destinati all'oblio molti protagosti dell'attuale scena pubblica. E non mi riferisco ai suoi portaborse, portavoce, portabandiera, ma ai suoi principali oppositori. Le considerazione di 19marzo09 partono da un articolo di Silvia Ballestra su L'Unità di lunedì, ripreso poi da Stefano di Michele de Il Foglio. Scrive la Balestra: "Non sono sicura di volere vedere deragliare il trenino di Silvio fatto di trombette e botti e cotillons. Non adesso, almeno, non ancora. Ci ho preso gusto e non credo di essere pronta a rinunciare al miscuglio di sentimenti che provo…”. Sarcasmo, certo, ma non solo: "Lo diremo per scherzo, ma lo diremo presto".
B. è stato il principale protagonista del teatrino della politica italiana negli ultimi 15 anni. Con lui se ne andrebbero uno stuolo di comparse, truccatori, manovali e tutto il vasto esercito delle maestranze. Ma segnerebbe la fine del motivo di esistenza politica anche per molti altri.
A che serve una vedetta lungo il confine di un Paese neutrale in tempo di pace?
Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok oppure No. Grazie Mille! Puoi votare le mie notizie anche in questa pagina.
Il referendum che chiedeva agli italiani di cambiare l'attuale legge elettorale non ha raggiunto il quorum. Il sistema, a meno che il Parlamento decida di intervenire, non cambierà. 19marzo09 era personalmente contro ciò che proponeva il referendum, così come lo erano gli italiani. che non l'hanno dimostrato non andando a votare, ma scegliendo la Lega e l'Italia dei Valori alle amministrative e alle Europee. Storicamente l'Italia non è un Paese bipartitico, ma al massimo bipolare.
19 marzo09 crede, però, che il punto importante sia un altro. Le forze politiche contrarie a un quesito referendario non fanno più la loro campagna elettorale per far si che i propri elettori votino "No", ma puntano all'astensionismo. Così facendo partono con un buon 20% di vantaggio, che sarebbe la percentuale di votanti che abitualmente non si reca alle urne. Troppo facile. Ce lo vedete un centometrista che perde una gara partendo con 20 metri di vantaggio? Si potrebbe obiettare: se vota solo il 30-40% degli aventi diritto, non si può abrogare una legge. Rispondo: e perchè premiare la non-partecipazione, rispetto alla partecipazione? E' dal '95 che un referendum che lo richiede non raggiunge il quorum (si trattava di 12 quesiti presentati dai radicali).
19marzo0'9 pensa sia ora di cambiare il meccanismo.
Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok oppure No. Grazie Mille! Puoi votare le mie notizie anche in questa pagina.
I giornali sono in crisi. Internet, la scarsa propensione alla lettura, etc etc. Ma vi capita mai di entrare in autobus o in metro con un giornale in mano? Gli occhi dei vicini si poseranno sulle pagine del quotidiano per leggere il titolo, poi le frasi scritte con i caratteri più grandi. Il giornale attira sempre eppure, nonostante costi solo un euro, sempre meno persone lo comprano. Sinceramente non capisco.
Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok oppure No. Grazie Mille! Puoi votare le mie notizie anche in questa pagina.
"La Repubblica" partito politico o no. Non è questo il problema. Il post precedente aveva solo la funzione di dimostrare che la formula giornale-partito non è un'invenzione, ma è stata un'idea ben presente al suo fondatore e all'attuale direttore.
Ma andiamo in ordine, 19marzo09, a differenza di Repubblica, è nato per informare sui quei piccoli fatti che non trovano spazio nei grandi media, per sollevare temi di dibattito e a volte per proporre idee personali, senza cercare mai di pretendere di "contribuire alla formazione d’un modo di sentire, di comportarsi; [...] educare civilmente e culturalmente i suoi lettori, orientarne le scelte", come scrive Scalfari.
Ogni giornale è libero di adottare la linea editoriale che crede più giusta, sostenerla tenacemente, portarla avanti ad oltranza.
Il punto vero è che ormai da troppio tempo "la Repubblica" è un giornale totalmente appiattito sulle solite posizioni, accecata da un anti-berlusconismo anacronistico, appoggiato negli ultimi anni ad un partito forse mai nato.
La richiesta delle dimissioni del direttore, Ezio Mauro, è solo una provocazione. Il punto vero è che "la Repubblica" avrebbe bisogno, modestissimo parere, di un rinnovamento profondo, una spinta nuova, un cambiamento di mentalità.
Da qui parte anche l'apertura di un gruppo su Facebook, "Per una nuova Repubblica", al quale spero aderisacano in molti. Scopo sarà quello di misurare il "dissenso" nei confronti di questo giornale che un tempo era arrivato a superare nelle vendite il "Corriere", conoscere le opinioni dei lettori, discutere con gli appassionati di giornalismo. Questo è il link http://www.facebook.com/home.php?ref=home#/group.php?gid=95034226177
Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok oppure No. Grazie Mille!
E' un pò di giorni che mi frulla in testa. Ne sono convinto, ma a tutti coloro che ne parlo sembra un'idea fuori di testa. "Repubblica" è un partito politico. Certo, molte delle definizioni date dai politilogi mi smentiscono immediatamente. Se seguissimo la definizione di Sartori ("un partito è un qualsiasi gruppo politico identificato da un'etichetta ufficiale che si presenta alle elezioni ed è capace di collocare attraverso le elezioni candidati alle cariche pubbliche"), per esempio, si potrebbe dire che mai su nessuna scheda elettorale è apparso il logo di Repubblica. Senza voler convincere nessuno riporto qui qualche frase presa dal libro-speciale che ha fatto proprio Repubblica due anni fa in occasione del suo 30° anniversario.
"Mi si chiederà quale fosse e quale sia questo progetto del quale tanto si è parlato e tanto ancora si parla al punto di far dire a molti nostri sostenitori a anche a molti nostri critici che Repubblica è un partito. O meglio un giornale-partito. O se volete, un partito sotto forma di giornale. Ebbene, in un certo senso è vero proprio perchè siamo nati all’insegna di quel famoso progetto condiviso. Che però, nel caso d’un giornale non è e non può essere, come accade per un partito, la conquista del potere. Un grande giornale può avere influenza sull’opinione pubblica. Può contribuire alla formazione d’un modo di sentire, di comportarsi; può educare civilmente e culturalmente i suoi lettori, orientarne le scelte. Subirne a sua volta lo stimolo ed esprimerne le volontà".
"Veniamo al dunque: noi volevamo e vogliamo tuttora contribuire alla formazione di un Paese attento e partecipe di valori come l’innovazione, l’efficienza, la moralità pubblica, la solidarietà civile e sociale, l’eguaglianza dei punti di partenza, lo stato di diritto, la laicità, la costruzione dell’Europa, il mercato e le regole che lo disciplinano. Il tutto animato dallo spirito di libertà. E’ chiaro che si tratta d’un progetto culturale, etico-politico. " Eugenio Scalfari
"Il nostro quotidiano è nato per informare e per orientare i lettori-cittadini, perchè così ha voluto il genio giornalistico Eugenio Scalfari: orientare semplicemente fornendo tutti gli elementi della conoscenza e dell’intelligenza dei fatti, con l’esercizio in più del dovere di prendere posizione, spiegando ogni volta qual è l’opinione del giornale".
"Quando qualcuno in questi trent’anni ha ripetuto la formula vecchia e intellettualmente pigra del giornale-partito, ho sempre risposto che in realtà Repubblica è molto di meno e qualcosa di più, dunque è totalmente un’altra. Di meno perchè è un giornale che ha al primo posto il dovere di informare, e non pensa a interferire con l’autonomia della politica, cui spetta in una società democratica stare a capotavola, tenere il mazzo, distribuire le carte, disciplinando lo scontro e il confronto tra gli interessi legittimamente in campo con l’interesse generale. Di più, perchè il giornale ha la possibilità di prendere posizione quotidianamente su tutte le vicende degne di essere analizzate, e può farlo in modo trasparente e libero, senza rispondere a verità precostituite, appesantimenti ideologici, linee politiche".
"C’è un sentimento di appartenenza fortissimo e probabilmente unico, tra questo giornale e il suo pubblico, con una partecipazione molto alta in ogni momento cruciale della vita nazionale, in ogni momento topico della vita del giornale. Il risultato è una capacità di influenza reciproca in uno scambio continuo e alla pari, che alla fine è una testimonianza di identità e persino di rappresentanza, nel senso generoso, gratuito e appassionato in cui questa funzione di rappresentanza può essere svolta da un giornale". Ezio Mauro Infine per agginungere un altro elemento, riporto qui ciò che scrive Paolo Murialdi l'autore di "Storia del giornalismo italiano", il libro in cui nelle Università italiane si studia la materia:
"La nascita de “Il Giornale “ di Montanelli e de "La Repubblica" di Scalfari, al di là delle contrapposte articolazioni politiche va vista in questo contesto. Queste due testate segnano l’accrescimento della funzione di intervento politico e di orientamento che ha sempre caratterizzato i quotidiani di informazione."
Ci siamo. La Guardia Nazionale Italiana (di cui 19marzo09 si era già occupato) sta per scendere in strada. Domani a Milano ci sarà la presentazione ufficiale, un pò come prima della discesa in campo delle squadre di calcio. Girando su internet (e su segnalazione di un amico) ho trovato l'intervista al suo fondatore Gaetano Saya. Eccovi il link. Buona lettura.
Continua la mia piccola provocazione. Dato che Repubblica aveva appoggiato indistintamente la candidatura del PD, se questo avesse fallito nelle urne, il direttore avrebbe dovuto dimettersi. Dopo la risposta di Antonello Caporale, di cui aspettiamo dei chiarimenti, ho interrogato anche Edmondo Berselli. E' stato di poche parole e ritenere la risposta esaustiva sarebbe assai generoso (come pretendere risposte dagli altri, se per primi non rispondiamo noi?). Ha detto:
Un giornale è un giornale, non un partito. Se sbaglia la linea politica lo si giudica sulle copie, non sui voti.
Ribadisco che non definire Repubblica un partito politico mi risulta difficile. Ma andiamo avanti. Ho seguito l'indicazione di Berselli e sono andato a vedere la diffusione dei giornali italiani (che si misura attraverso la somma delle copie vendute, in edicola, su abbonamento o in blocco, e di quelle distribuite gratuitamente).
Aprile 2008 (quando ci sono state le elezioni politiche):
Repubblica 617.155 copie
Corriere 656.996
La Stampa 311.559
Febbraio 2009 (dati più recenti che ho trovato):
Reppublica 532.263 copie
Corriere 608.778
La Stampa 309.385
Si dirà che un calo è fisiologica nell'era dela crisi della stampa. Fatto sta che Repubblica è il quotidiano che perde più copie (-84.892). Il Corriere (-48.218) tiene bene e ancora meglio fa la Stampa, che ne perde solo 2.000. E le copie gratuite, che il Corriere distribuisce in maggior quantità, non giustificano il divario.
Quella di 19marzo09.blogspot.com era una provocazione e tale rimane, ma riflettere fa sempre bene. Magari anche prima di rispondere a un semplice blogger.
Avevo lanciato nei giorni scorsi una provocazione: dato che Repubblica aveva appoggiato indistintamente la candidatura del PD, se questo avesse fallito nelle urne, il direttore avrebbe dovuto dimettersi. Il PD ha fallito. Ha perso il 7% rispetto alle scorse politiche. Penso sia una batosta e che dire "Si pensava peggio" non sia nè consolante nè sia un atteggiamento costruttivo. Ho iniziato a raccogliere dei pareri sulla mia provoazione. Tramite Facebook ho chiesto il parere di Antonello Caporale. Riporto qui fedelmente la mia domanda, la sua risposta e un secondo mio appunto. Se mi risponderà ancora terrò aggiornati i lettori di 19marzo09.blogspot.com.
Gentile signore Caporale, sono uno studente dell'Ifg di Urbino. Ci siamo conosciuti qualche mese fa. Volevo farle una domanda. LE scrivo appositamente a poche ore dalla chiusura delle urne. Ho letto su Repubblica tre articoli che invitavano a non astenersi e a votare per il PD (Scalfari, D'Avanzo e Serra) e probabilmente qualcuno mi è sfuggito. Ora se il Pd alle elezioni europee non dovesse raccoglier i voti che ci si aspetta non crede che il direttore di repubblica debba dimettersi per il fallimento della propria linea editoriale?Ps Penso che la foto pubblicata oggi a pagina 2 con un elettrice che indica il simbolo del PD sia veramente ridicola.La ringrazio per l'attenzione.Francesco Ciaraffo
caro francesco,scusa del ritardo col quale ti rispondo. Mi poni una domanda di un qualche rilievo. Ti espongo le mie considerazioni: il giornalismo deve prendere parte alla vita politica e civile, deve esprimere le sue passioni, fare le sue scelte. Questo alimenta un rapporto trasparente e motivato col lettore, tu sai qual è il mio pensiero e hai ogni giorno modo di verificarne la congruenza.Prendere parte non significa perdere l'indipendenza. Un giornalismo indipendente può motivatamente sostenere questa o quella posizione politica. Non deve, se vuole rimanere tale, assumere una connotazione faziosa, dunque piegare gli eventi al solo scopo di mostrare la sua tesi. Come sai il giornalismo purtroppo può nascondere la realtà, o anche spacciare il vero per falso, o - addirittura - procedere al contrario.Veniamo a Repubblica. La direzione di questo giornale ha deciso, com'è suo diritto (E DOVERE), di promuovere una campagna di stampa contro il premier su un evento che io giudico non secondario, non gossiparo, ma decisivo invece. Ha fatto il suo dovere, era ed è secondo me giusto farlo.Se però valuti che il direttore debba condizionare la sua sorte professionale dall'esito delle urne, allora la tua valutazione prescinde dal merito giornalistico e prefigura per repubblica lo status di un partito politico.Non condivido affatto. Il direttore ha la responsabilità di ciò che pubblica e, se si prova la sua malafade o peggio, occultamento, omissioni, falsità, egli ha l'obbligo di trarne le conseguenze. Se l'indipendenza può essere tutelata anche da una posizione dichiaratamente di parte, la faziosità non deve trovare modo di esprimersi. E nemmeno ogni sua versione subliminale, come quella foto che tu opportunamente segnali.Ciao Antonello
La ringrazio per l'attenzione, ma mi permetta di farle qualche appunto. Le mie considerazioni non sono sulla campagna di stampa di Repubblica contro il premier sulla quale mi trovo pienamente d'accordo con lei, ma sugli articoli di Serra, D'Avanzo e Scalfari in cui si invitava a non astenersi e a votare per un preciso partito politico. E' una cosa diversa. Sono d'accordo con le sue parole: " Un giornalismo indipendente può motivatamente sostenere questa o quella posizione politica". Lei mi insegna come i giornali americani a inizio campagna elettorale abbraccino la causa di uno dei due partiti maggiori continuando poi a fare il loro mestiere liberamente. Ma qui siamo ben lontani dall'endorsement statunitense. Penso che un direttore che abbracci la linea politica di un partito (e mi scusi ma, come lei saprà, Repubblica non è lontana da uno status di "partito politico") risultato poi sconfitto alle urne dovrebbe rassegnare le dimissioni. Sarei molto felice se rispondesse anche a questi miei appunti e la ringrazio di nuovo per l'attenzione che mi ha dedicato. Inoltre mi permetto di pubblicare la sua risposta sul mio blog: www.19marzo09.blogspot. com.
Qualche spunto dai giornali sfogliati oggi e da qualche pagina web.
Cominciamo dall'attualità. Il quotidiano spagnolo "Il Pais" ha pubblicato le foto del nostro Primo Ministro. Si quelle di Villa Certosa. Ai giornali italiani era stato vietato (?). Senza bisogno di prendere l'areo, le foto sono disponibili sul sito.
Nella notte c'è stato un attentanto stile anni '70. E' una definizione che non sopporto, ma il lancio di bottiglie incendiarie alla sede di CasaPound Bologna ricorda molto il rogo di Primavalle del 16 aprile '73, quando morirono i due fratelli Mattei. Fortunatamente stavolta nessuno ci ha rimesso la pelle.
Sempre oggi su "La Repubblica" ennessimo articolo che ci ricorda di andare a votare e di farlo per il PD. Stavolta è Aldo Schiavone che si rivolge "alla ragione dei giovani" per non bloccare quello "straordinario motore di innovazione e cambiamento" che sarebbe la sinistra in Italia. Ora, se fossi un lettore di Repubblica (e non lo sono) sarei profondamente offeso. Nel giro di pochissimo giorni ho dovuto leggere tre articoli (e probabilmente me ne è sfuggito qualcuno) in cui mi si invita a votare PD. Con quale diritto, chiedo io? Pensa, il direttore di Repubblica, che non sappia fare le mie valutazioni, fare i conti con la mia storia personale, politica? Inoltre qui lancio una provocazione (piccolissima mi rendo conto): dato che Repubblica ha abbracciato così convintamente la candidatura del PD alle elezioni europee, se il PD fallirà, il direttore del giornale dovrebbe dimettersi, perchè la sua linea editoriale è fallita.
Lo strano quadrumviro. La notizia è vecchia, ma dato che i piccoli partiti non hanno molto spazio in tv, magari a qualcuno è sfuggito. "La Destra", il partito di Storace ha stretto alleanza per quest'elezioni Europee con "I Pensionati", l'"Mpa" e nientepopodimenochè l'"Alleanza di centro", il partito di Pionati. Un bel quadretto per colui che si è staccato dal Pdl per farsi portabandiera della destra vera.
Il candidato della Fiamma Tricolore per la Provincia di Rimini , Massimo Pazzaglini, ha espresso una "preghiera". Con questa non ha voluto esprimere uno stato d'animo intimista, anzi l'ha voluta pubblicare su youtube. Un'occhiata gliela darei, fossi in voi. E' qui sotto.
Oggi ho letto un editoriale di Michele Serra su Repubblica che secondo me merita qualche osservazione. Non l'ho trovato sul sito, quindi tenterò un rapido riassunto.
Serra denuncia il rischio di una forte astensione nelle prossime votazioni europee, soprattutto nell'area della sinistra. I motivi in parte sono gli stessi (lotte intestini, leader vecchi e sempre più narcisi, una componente clericale semopre più forte nel partito nel partito), ma in parte nuovi. La novità starebbe nel fatto che chi si appresta a non votare sono persone impegnate fino a poco fa, nel sociale o nel partito stesso, nel sindacato o nelle assemblee di quartiere. E' gente non tanto disgustata, continua Serra, quanto stremata: "scusate, ma non ce la faccio più". Serra sprona poi gli elettori ad andare a votare (inutile che vi dica per chi) elencando tre motivi principali: per porre un freno "al potere smisurato di Berlusconi", il voto è un diritto-dovere da rispettare sempre e comunque e perchè votare è un gesto "estetico e sentimentale".
Ho letto il pezzo in metro e appena arrivato davanti ad un pc ho mandato un'e mail a Serra dicendo che condividevo larga parte dell'articolo, ma secondo me carente in una parte. E gli ho rivolto la seguente domanda: "perchè votare per il PD?". Gli ho anche indicato l'indirizzo di questo blog, sia mai mi risponda proprio qui.
Il problema della sicurezza è lontano dall'essere risolto. Polizia e carabinieri fanno il loro dovere. Certo sono stati tagliati loro dei fondi, ma il governo ha integrato le loro forze con dei baldi giovani volenterosi di andare in giro di notte armati solo di senso civico e pettorina a presidiare le nostre strade (come quelli della "Guardia Nazionale Italiana"). Ma non c'è niente da fare. La vita non è un film dove i buoni alla fine vincono sempre. Nelle nostre città c'è ancora gente che va in giro a importunare le persone oneste, che pagano le tasse, che si fanno un mazzo così per permettersi orologi da 17mila euro e macchine da 200mila. Non è reato guadagnare e permettersi beni di lusso. Il reato è (o dovrebbe essere) il furto. Nel Nord Italia il problema è più sentito. Troppi immigrati, gente che vuole rubare il lavoro agli italiani. Si, rubare. Pure quello. Non si accontentano di orologi e macchine, ora vogliono anche i nostri lavori. E così quello che è successo ieri a Milano è stato un vero moto di riappropriazione. Noi italiani ci siamo inventati il furto dell'orologio ai polsi di automobilisti fermi al semaforo ed è giusto che noi italiani continuiamo a farlo. Magari le tecniche cambiano, ma la sostanza no. E se le vittime sono persone di colore è meglio. Impareranno che certe tradizioni si rispettano e non si estirpano. E se nel medesimo giorno un ungherese tenta di rubare anche la macchina allo stesso tipo di colore? It's globalization baby! La storia dei furti a Muntari.