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venerdì 15 gennaio 2010

La Rivoluzione la faccia lei...


Il tema è di moda e va cavalcato. Dopo la lettera di Pier Luigi Celli che invita il figlio a lasciare l'Italia perchè è un Paese che non offre più prospettive, ci pensa un altro Pierluigi a ricordarci che questo "Non è un Paese per giovani".

Pierluigi Battista è uno dei più noti giornalisti italiani. E' stato vicedirettore del "Corriere della Sera" ed è tuttora una delle firme più autorevoli del quotidiano. Ha diretto trasmissioni televisive e scritto diversi libri. Insomma, a 56 anni può dirsi soddisfatto della propria carriera.

Questa settimana ha scritto un articolo su 'Fenomeni', la sua rubrica su "Style", un allegato del Corriere. Il titolo (non troppo originale per la verità) è proprio "Non è un Paese per giovani".

Come riporto già in un precedente post, "Stranezze quotidiane", Battista inizia così: "Non riesco a capire perchè i giovani italiani non abbiano ancora fatto la rivoluzione. No quella finta, posticcia che si inscena stancamente anno dopo anno con le okkupazioni e le parodie sempre più logore di un '68 lontanissimo. No, quella vera: quella contro la fortezza gerontocratica e prepotente che noi ormai anziani abbiamo munito di ponti levatoi per chiudere le porte, impedire l'accesso di forze fresche, monopolizzare tutti i posti a disposizione".

E Battista prosegue: "I giovani dovrebbero fare la rivoluzione contro un sistema ingessato, immobile, accondiscendente con le corporazioni potenti e prepotenti, spietato con il nuovo proletariato anagrafico. [...] Dovrebbero fare la rivoluzione anzichè chiedere in modo petulante che gli anziani diano loro spazio cooptandoli con magnanimità nei loro sinedri. Se lo prendano, lo spazio occupato da chi difende con tenacia inamovibilità la posizione conquistata".


Caro Battista, da un professionista stimato e preparato come lei non mi aspettavo un errore simile. Da quando in qua le ultime ruote del carro hanno fatto la rivoluzione? La rivoluzione vera intendo, proprio come scrive lei. Quando le ultime ruote del carro hanno fatto in modo che certi meccanismi cambiassero o che certe logiche venissero sovvertite? Lei è studioso di storia e dovrebbe sapere meglio di me la risposta: : mai!

Può anche darsi che mi sbagli, e in questo caso la prego di correggermi.

Chi potrebbe fare la rivoluzione, sempre quella vera intendiamoci, sono quei giovani che stanno facendo carriera. Che per bravura diventano capo servizio nelle redazioni dei giornali, diventano responsabili di settori specifici di aziende e società, quei ragazzi che magari riescono a ritagliarsi piccoli ruoli in quel sistema baronale che è l'Università. Quei giovani, insomma, che potremmo definire "quadri intermedi" che stanno scardinando "il sistema ingessato e immobile", come lo definisce lei.

Si, sono loro che potrebbero farla. Loro perchè conoscono quant'è difficile e duro fare strada in un Paese che non è fatto per i giovani, loro che avrebbero tra le mani qualche piccolo strumento per scardinare i portoni sbarrati alle giovani generazioni.

Ma sa perchè non lo fanno? Io un'idea ce l'ho. Perchè con un pò di pazienza quel posto a lungo occupato da chi gli è stato davanti verrà lasciato vuoto. Magari non per moti rivoluzionari, ma per motivi biologici. I vecchi, di norma, muoiono prima dei giovani. E allora il posto sarà occupato da ormai ex-giovani che finalmente potranno accedere a quel sistema di tutele e privilegi di cui fino a quel momento non hanno goduto.

Pensi alla sua categoria e alla sua posizione. Ora pensi alla mia categoria (è la stessa sua) e alla mia posizione. Lei fino al 2009 vice-direttore del più importante quotidiano italiano, io giovane praticante già al terzo stage (non retribuito) e, se sarò bravo e fortunato, entrerò in un giro di precariato che ben conosce. Potrei io far la rivoluzione contro di lei? Suvvia, siamo realisti.

Magari potrei farla qualora diventassi capo-servizio, ma a quel punto, chi me lo farebbe fare? Perchè dovrei rinunciare a quel sistema di tutela e privilegi che le generazioni precedenti alla mia hanno costruito anche nella "casta dei giornalisti"? Chi me lo farebbe fare?

Prenda queste mie righe (volevo scrivere poche, ma in realtà sono diventate troppe) come un piccolo gesto rivoluzionario.

Ps: ho mandato queste righe anche a Pierluigi Battista. Se mi risponderà pubblicherò la sua risposta su questo blog.
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Pazza idea..mica tanto!


Su "La Stampa", il segretario di uno dei più importanti circoli del Pd romano, quello a via dei Giubbonari, annuncia le dimissioni dall'incarico perchè non intende sostenere la Bonino alle prossime regionali. "Siamo troppo distanti sui temi etici", dice l'ormai ex segretario proveniente dall'area Margherita.

Su "Il Giornale", il titolo di pagina 8 è: "Il sito più liberale del Pdl scatenato contro la Polverini". Il quotidiano, anch'esso di area Pdl e il cui direttore ha scritto alcuni editoriali contro la candidata alle Regionali nel Lazio, scrive che il sito Tocqueville.it (un aggregatore di blog di centro-destra), non accetta la candidatura. "Che senso ha, per la destra, vincere le elezioni per ritrovarsi con un governatore di sinistra?", si legge. Un altro blogger sempre di centro-destra, Giova, si augura una memorabile sconfitta per la Polverini e giudica la Bonino "il male minore".

Idea. E se nel Lazio centro-destra e centro-sinistra si scambiassero i candidati? Pardon, le candidate?



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giovedì 14 gennaio 2010

Stranezze quotidiane

Oggi ho trovato un pò di notizie e articoli particolarmente stravaganti. Le segnalo.

Noi che tra le propabili 100.000 vittime del terremoto ci chiediamo se forse (e dico forse) c’è un (e dico un) italiano.

Feltri, direttore de “Il Giornale”, nell’editoriale di oggi rivolge una domanda al premier: “Caro Presidente, che bisogno c’era di parlare di tasse da ridimensionare, ingenerando la sensazione che il taglio fosse dietro l’angolo,e, dopo alcuni giorni, correggere il tiro deludendo le aspettative dei cittadini?” Qualcuno avvisi Feltri che siamo in campagna elettorale.

Carra, cattolico del Pd, lascia il partito per andare con l’Udc di Casini che è in trattativa per creare una coalizione con lo stesso Pd. Io sinceramente non ci sto capendo più un cazzo.



Se Marida Lombardo Pijola scrive su un quotidiano nazionale, anche io ho delle speranze.


“Il Comune di Milano, nella persona del sindaco Letizia Moratti, chiede di costituirsi parte civile nel procedimento a carico di un giovane accusato di aver imbrattato con scritte a vernice spray i pilastri di un edificio in piazza San Babila”. Bene. Quando noi cittadini ci costituiremo parte civile in un processo contro i manifesti elettorali sui muri delle nostre città?

"Non riesco a capire perchè i giovani italiani non abbiano ancora fatto la rivoluzione. No quella finta, posticcia che si inscena stancamente anno dopo anno con le okkupazioni e le parodie sempre più logore di un '68 lontanissimo. No, quella vera: quella contro la fortezza gerontocratica e prepotente che noi ormai anziani abbiamo munito di ponti levatoi per chiudere le porte, impedire l'accesso di forze fresche, monopolizzare tutti i posti a disposizione". Lo scrive Pierluigi Battista su Style di oggi in allegato al "Corriere della Sera". Purtroppo alle sue parole non è seguita una bella lettera di dimissioni. Ma Battista, 56 anni, non ha quello che generalmente si definisce spirito di sopravvivenza? Se i giovani la facessero davvero la rivoluzione, sai dove si ritroverebbe?

Queste sono le mie. Aspetto vostre segnalazioni nello spazio dei commenti.


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lunedì 4 gennaio 2010

"Adesso...punto"


L'altro giorno mi è capitato di vedere un pezzo della trasmissione "Grande Fratello". Se ne può pensare quel che si vuole del programma (di chi vi partecipa e di chi lo guarda), ma osservare 20 (o 30) ragazzi e ragazze chiusi un una casa risulta essere lo specchio della società. Cioè di cosa siamo noi.

Seguo il programma quando capita, ovvero raramente. Per questo non so ricostruire perfettamente la vicenda da cui prende spunto questo post.

I fatti comunque sono semplici. Si tratta di un ragazzo, George, attratto da una ragazza, Carmela, e che, ricambiato, ha iniziato una relazione-storia-tresca o un qualcosa che si può definire come meglio si crede con lei.

L'altro giorno la mamma del ragazzo gli ha inviato un video-messaggio. La mamma ha ricordato al figlio che fuori dalla casa ha una compagna e addirittura un figlio. Che quello che sta facendo all'interno di quelle mura televisive avranno conseguenze all'esterno, nel mondo reale.

Il figlio ha risposto in maniera semplice e diretta: "Adesso il mio sentimento è questo. Quando sarò fuori da qui dovrò dare le mie spiegazioni, è sottinteso. Penso che adesso per star bene nel Grande Fratello e star bene con me stesso devo seguire il mio sentimento. Punto."



Casualità vuole che questa frase inizi e finisca con le due parole chiave del ragionamento: "adesso" e "punto". Un inizio e una fine definita, chiusa. Come se ciò che vogliamo adesso non abbia conseguenze sul futuro; come se ciò che vogliamo adesso non sia frutto di una costruzione, ma della contingenza, del capitato.

"Adesso" e "punto". E' come se la nostra vita stia diventando una serie di esperienze chiuse da un inizio e da una fine, senza una costruzione, una conseguenzialità, una causa e senza, soprattutto, un effetto.

E così quello che saremo domani non è il risultato dello studio, del lavoro, della costruzione di noi stessi avvenuta nel passato. Ma è solo il frutto di ciò che vogliamo (e a volte pretendiamo) e che generosamente ci viene offerto (molto spesso proprio dai nostri genitori che soddisfano molte delle nostre richieste). Allo stesso modo non ci sentiremo responsabili per quello che abbiamo fatto nel passato. Quello è un altro capitolo. Chiuso. Come se il libro della nostra vita non fosse un unico testo, ma il susseguirsi di tanti capitoli a sè stanti. Quello del capitolo precedente è un "io" diverso e i suoi errori, scelte, sconfitte non ci appartengono.

La generazione che ci ha generato (le nostre mamme appunto, la mamma di George...) è stata abituata a vedere la vita come un processo. E non mi riferisco alla vita sentimentale. Le nostre mamma hanno avuto un uomo e l'hanno sposato. Oggi noi frammentiamo le nostre relazioni sentimentali, ma anche i nostri contratti lavorativi, le nostre condizioni abitative, i nostri risparmi.
I nostri genitori (soprattutto nella sconfinata provincia italiana) hanno costruito la loro, e nostra, casa. E per costruire intendo in senso materiale: mattone su mattone. I nostri genitori hanno costruito i loro risparmi dai quali attingiamo per le nostre serate con gli amici. Risparmi frutto di lavoro e no di una vincita al "Win for Life".

Questa serie di "adesso" e "punto" che ormai è diventata la nostra vita segnata da contratti a termine, mille traslochi per inseguire un lavoro, centomila relazioni occasionali, ci hanno fatto credere di vivere in una serie di compartimenti stagni. Vediamo la nostra esistenza riflessa dentro uno specchio rotto.

I nostri genitori avevano un solo "adesso", la nascita o il raggiungimento della maggiore età, e un solo "punto", la morte o il rincoglionimento. In mezzo c'era un unico processo di crescita. Noi invece il processo lo interrompiamo ad ogni "punto". Sarà per questo che in giro ci sono (compreso chi scrive) tanti bamboccioni.


Ps: chiedo a chi ha avuto la pazienza di arrivare qui in fondo di lasciare un commento. Grazie.



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