Su 19 marzo trovi

Pensieri e idee. Articoli di giornale e commenti. Vignette e foto dal mondo. Giornalismo e storie da raccontare. Prodotti trovati su internet e quelli fatti da me all'interno della scuola per la formazione al giornalismo.
Libri letti e da leggere.
Buoni propositi e cattive azioni.

mercoledì 29 aprile 2009

Parliamo di Bande Nere


Paolo Berizzi, autore del libro "Bande nere" risponde alle domande di 19marzo09. A cominciare dal perchè in questi anni si scrive tanto di destra radicale.


"Io credo che essendo l'estremismo nero, soprattutto giovanile, un fenomeno in crescita - il termine giusto, forse, è recrudescenza -, la sensibilità giornalistica e letteraria rispetto a questi temi è cresciuta. La pubblicazione di libri e inchieste, di solito, è direttamente proporzionale alle (nuove) dimensioni di una tendenza, che sia sociale o politica o tutte e due le cose assieme non importa. Ci sono lavori editoriali che hanno puntato e puntano sui "neri" di ieri e altri che scelgono come focus i "neri" di oggi. Sono fotografie diverse di una realtà in continua e rapida
evoluzione".

Quali sono state la maggiori criticità nello scrivere Bande Nere?
"Riuscire a scardinare la tradizionale chiusura a riccio di alcune "bande nere" e, al contrario, fare la tara al neo-aperturismo "comunicativo" - a volte compiaciuto, accompagnato da una punta di narcisismo - di altre. E poi il combinare il materiale derivato dai racconti "in chiaro" dei protagonisti a quello ricavato dall'indagine del cronista che si presenta sotto mentite spoglie nei luoghi di aggregazione dei "fascisti del terzo millennio" ".

Dal suo libro non emergono giudizi "morali". Ora, può dire cosa pensava mentre parlava col naziskin di Merano, Andrea (il ragazzo che apre il libro), i ragazzi di Casapound, del Blocco Studentesco, del Vfs...?
"La scelta di non esprimere giudizi "morali" è la prima regola che mi sono imposto quando ho deciso di scrivere "Bande nere". Il giudizio ho preferito sospenderlo, non mi interessava fare un libro schierato e ho ritenuto che la mia opinione sarebbe stata inutile, deformante e controproducente ai fini dell'obbiettivo che mi sono posto: scattare una fotografia in movimento. Una fotografia non faziosa, in grado di raggiungere un pubblico ampio e di parlare di neofascismo giovanile anche al di fuori di quel perimetro di lettori interessati da sempre al tema. Parlando coi protagonisti del libro ho provato sensazioni diverse, spesso contrastanti: in molti casi ho avuto
conferme che attendevo, in altri sono rimasto sorpreso. Dal vuoto pneumatico - valoriale e culturale - alla violenza poliforme; dall'intraprendenza organizzativa all'abilità comunicativa; dalla
consapevolezza della militanza politica alla cieca adesione a pratiche e modelli improntati all'odio puro. Nelle "bande nere" di oggi c'è un po' di tutto questo, ed è questo mix che colpisce".

Qual'è il motivo principale per cui l'estrema destra gode di questo consenso?Quanto è frutto della crisi della sinistra?
"Il consenso crescente deriva da diversi fattori: il clima di paura e di ostilità che si respira in Italia e ,in generale, in tutta Europa, unito agli effetti derivanti dalla crisi economica forma un terreno di coltura per i nuovi nazifascisti. Il nuovo nemico non è più il comunismo ma
l'immigrato. Prevale lo slogan "salvo me stesso a scapito di chi sta peggio di me". Riaffiorano con forza spinte nazionaliste, protezioniste, xenofobe. C'è, in generale, uno spostamento a destra di tutta la società. La crisi della sinistra è un altro fattore determinante: c'è stata una "resa"
progressiva, negli ultimi anni, della sinistra in tutti i suoi strati: da quella riformista a quella movimentista dei centri sociali. Molti spazi sono stati lasciati vuoti, altri temi abbandonati: e l'estrema destra li ha cavalcati".

Dopo ogni azione violenta o quando si organizzano convegni che hanno per protagonisti associazioni di destra (penso agli incidenti scoppiati alla Sapienza o al meeting organizzato di recente a Milano) si riapre il dibattito sulla costituzionalità di certe organizzazioni. Personalmente
credo che sia tardi per far rispettare l'articolo 139 della Costituzione. Le chiedo, da un punto di vista giuridico, che fare?
"Il punto è proprio questo: io credo che non sia mai troppo tardi per far rispettare i principi della Costituzione e cioè il fondamento della nostra democrazia. Ci sono poi altre leggi, nel nostro ordinamento, che impediscono manifestazioni e simboli che si richiamano al ventennio nazifascista. Basterebbe, semplicemente, banalmente, vietarle. Ma per prevenirle occorre
studiare da vicino i movimenti e le formazioni politiche che le organizzano".

Forza Nuova, Casa Pound e Blocco Studentesco (solo per citare degli esempi) stanno costruendo una base di consenso duratura o tutto svanirà velocemente? In sostanza, quanto durerà questo fenomeno?
"Alcune realtà, quelle capaci di costruire un progetto largamente condiviso e improntato su temi sociali "seri" - temi sui quali i cittadini chiedono delle risposte - dureranno. Altri si sgonfieranno e, temo, lasceranno spazio al libero diffondersi di quegli istinti violenti che già oggi, in parte,
fanno loro da contorno".

Molti degli aderenti a queste formazioni sono giovani. Chi sono i loro "miti"?
"C'è molta confusione. I padri culturali del passato, da Evola a Pound per citare gli esempi più banali, resistono ma mischiati a nuovi punti di riferimento. La galassia nera è estremamente composita e eterogenea. Ci sono fascisti del terzo millennio che sparigliano volentieri: studiano Che Guevara e seguono Saviano. Altri che continuano a inzuppare i loro ideali nei miti tradizionali: Mussolini, Hitler e tutti i dittatori del secolo scorso. Ci sono forme fossilizzate che convivono con forme nuove, a volte persino prese in prestito dalla sinistra".

Lei descrive come in alcune zone d'Italia sia il nazismo ad attirare più ancora del fascismo. E' questa una tendenza che rimarrà marginale all'interno del radicalismo di destra o si allargherà?
"Osservando quello che sta accadendo in Europa e, per esempio, anche nell'ex Unione sovietica, temo sia un processo inquietante che si sta allargando facendo nuovi proseliti".

Il successo delle organizzazioni di destra alle elezioni studentesche è stato sorprendente. I licei, e non meno le Università, sono sempre stati un baluardo della sinistra: cosa è accaduto?
"I collettivi di sinistra, il movimentismo "rosso" ha il fiato corto da qualche anno. Le sigle di destra ne hanno approfittato. C'è stata e c'è una rincorsa ad occupare spazi lasciati liberi. Viene da chiedersi perchè alcuni modelli "di sinistra" copiati dalle organizzazioni studentesche di destra
abbiano preso a funzionare a pieni giri una volta rielaborati da chi, di fatto, fino a ieri non li condivideva o addirittura li contrastava".

Infine, la nascita del Pdl libera degli spazi politici alle organizzazioni alla destra del nuovo partito?
"Sicuramente. Fini ha detto: il Pdl non sarà un partito di destra. Mi chiedo: sotto quale tetto andranno i 150 mila giovani italiani sotto i 30 anni che vivono nel culto del fascismo o del neofascismo? Ci sono cinque partiti ufficiali che oggi li rappresentano. Credo che il peso specifico di alcuni di questi movimenti crescerà. E le "bande nere" si allargheranno"

giovedì 23 aprile 2009

B(e)nde nere



Sono tanti.

E' la sensazione che ti assale sin dalle prime pagine del libro. Per non vederli bisogna avere delle "B(e)nde nere" sugli occhi. Su entrambi. Non come usavano i pirati su uno solo.
Il neofascismo attira sempre più consensi, soprattuto tra i giovani.
Paolo Berizzi fotografa molto bene la situazione. Senza giudizi, ma con gli occhi di un vero cronista.

Andare nei licei romani dove le elezioni studentesche hanno consegnato la maggioranza al "Blocco Studentesco"; osservare gli stadi dove le curve schierate a sinistra stanno praticamente sparendo; entrare in Casapound il centro sociale di destra nel cuore multietnico della capitale. Questo ha fatto Paolo Berizzi, consegnando ai suoi lettori uno spaccato dell'estrema destra che sta allargando il suo consenso a macchia d'olio.

A breve l'intervista di 19marzo all'autore.

martedì 21 aprile 2009

Scienza politica

Girovagando tra la rete ho trovato un video molto interessante che ha per protagonista Mario Borghezio, europarlamantare della Lega Nord. Di solito, il nostro si è fatto notare per un linguaggio un pò troppo colorito, qualche piccola escandescenza nei comportamenti, un'allergia cronica al politically correct. Questa è invece una vera e propria lezione di politica. Con anche qualche consiglio dopo lo scadere dell'ora.






Per informazioni più dettagliate sul video rimando alla fonte principale: www.youblob.org
Mentre per chi conosce il francese, qui c'è la versione integrale non sottotitolata.

domenica 19 aprile 2009

Parliamo di Cuori Neri

Con l'intervista a Luca Telese, autore del libro Cuori Neri, 19marzo inizia una serie di interviste (stando alla disponibilità degli intervistati) a coloro i quali hanno scritto sulla destra radicale e sul neofascismo in questi anni, ascoltando da loro la risposta alla domanda principale: perchè se ne parla, e scrive, tanto in questo momento? La parola a Luca Telese:

La destra radicale – sia quella contemporanea che quella degli anni settanta – non era stata ancora indagata abbastanza. Su questa oggettiva carenza si è creata una piccola moda. Che ha prodotto qualche porcata esclusivamente commerciale, ma anche testi importanti. Storia Nera di Andrea Colombo, per esempio, è uno scavo molto interessante sulla strage di Bologna e i Nar, qualsiasi cosa si pensi. Il libro di Semprini (Destra estrema e criminale) è una galleria di “mostri” molto godibile; il Sangue e la celtica di Rao, è un libro che è stato totalmente sottovalutato perché era scomodo per tutti – destra e sinistra – e invece ha aperto squarci importantissimi sulla storia delle stragi. Per la prima volta, con Rao, un giornalista che viene da destra, ha raccontato la destra, con grande oggettività.


Alcuni parlano dell’attualità, altri invece ripercorrono la storia del neofascismo. Perchè proprio ora molti autori sentono l’esigenza di ripercorrere gli “anni di piombo” visti da destra?
Semplice: perché per anni questa prospettiva mancava del tutto. Il primo vero libro che racconta la destra vista da destra, "A mano armata" di Bianconi, è rimasto per anni un caso isolato.


Lei ha scritto “Cuori Neri” perchè crede che quelle “21 storie vadano sottratte alla memoria di parte (legittima) di una sola comunità, per essere restituite alla memoria condivisa (e necessaria) di un intero Paese”. E’ possibile riuscirci?
Sono passati tre anni dall’uscita del libro. Tra sei edizioni Trade e una tascabile, Cuori ha venduto 48 mila copie. Ne ho discusso in tutta Italia con persone di ogni colore, idea, appartenenza politica e culturale. Ho fatto più di cento incontri pubblici. Due volte sono stato contestato in piazza, molte altre volte applaudito. Non avrei mai pensato di ottenere un risultato così importante, è un esperienza che mi ha cambiato. Ci sono libri con cui cresci, e libri che ti fanno crescere.


Più in generale. la collana da lei diretta (“Le radici del presente”) si propone di accendere una piccola candela sul nostro passato prossimo. Perchè la luce è stata così a lungo spenta?
Perché raccontare gli anni di piombo e spiegare quello che è accaduto non conviene a nessuno. Non porta voti, non porta consenso, non è un’operazione spendibile politicamente. Gli anni di piombo sono complessi, e la rappresentazione caricaturale che ne è stata data, uno scontro tra tifoserie, è quella che conviene di più ai suoi ex protagonisti ancora in servizio attivo. L'unica alternativa utile, per loro, è l’oblio. Non è un caso, che io abbia scritto cuori neri a 36 anni, e che molti altri autori che stanno scavando, fossero ragazzi o bambini quando si sparava nelle strade. Siamo gli unici che non hanno conti da pagare o scheletri nell’armadio.


In Italia manca una memoria condivisa. Dove abbiamo sbagliato?
Io credo, dopo questo viaggio in immersione nel dolore, nei sogni, nella memoria e nelle passioni di quel tempo, che la memoria condivisa non si possa ricostruire, in un paese che è sostanzialmente cresciuto sulle guerre civili, dai guelfi e i ghibellini, al 1945, agli anni settanta fino ad oggi. Possiamo ricostruire una storia comune. Ovvero: sapere tutti noi, che cosa è accaduto a tutti gli altri. Possiamo superare le lenti da presbite della faziosità, e farci carico delle storie altrui. Per questo, nel mio piccolo, avendo una storia di sinistra mi sono fatto carico della cultura politica che era più lontana da me. E’ l’unico modo per rompere il circolo del vittimismo autocelebrativo che ha bollito il cervello dei dirigenti politici in questi anni.


Cosa fare per recuperare? Bastano i libri?
No, i libri possono molto, costiuscono la precondizione: ma serve una presa di coscienza civile. E poi serve una sistemazione politico-giudiziaria degli anni di piombo che la politica continua a non avere il coraggio di fare, perché ha paura di perdere consensi.


Due domande sul neofascismo. Le organizzazioni della destra radicale godono di ottima salute: aumentano i consensi e conquistano spazi che fino ad ora erano stati inaccessibili, come i licei. Secondo lei, da dove deriva questo consenso?
La destra radicale, che è molto variegata, al suo interno - perché già fra Casapound e Forza Nuova esistono distanze abissali – si è infilata nel vuoto di passioni lasciato dalla crisi della sinistra istituzionale. Un tempo a sinistra ci si chiedeva perché i giovani erano neofascisti. Adesso, devo dire, che stupisce molto di più che un giovane ragionevolmente pieno di speranze e di passioni si vada a infilare in un apparato di partito dominato da vecchi marpioni. Si poteva prendere la tessera per Berlinguer, o per il comunismo, o persino per la storia dei Ds; diventa molto improbabile che un giovane possa pensare di diventare militante per le trippe di Bettini o per l’ipersalivazione postdemocristiana di D’Antoni.


La nascita del Pdl libera degli spazi politici alle organizzazioni alla destra del nuovo partito?
Penso proprio di sì, soprattutto a livello giovanile. Adesso si chiude il cerchio e a destra e a sinistra, si sono costruiti di partiti di plastica, con poca democrazia interna, con un vertice istituzionale e blindato, e con pochissimi varchi per chi vuole mettere in campo solo il suo contributo di passione e non anela a nessuna poltrona. I giovani, nel tempo del cosiddetto bipartitismo, servono solo per il galoppinaggio elettorale. Non c’è molto spazio per la loro radicalità. Il che mi fa pensare che se ne andranno altrove, magari a realizzare un sogno minimale. E che – se la dittatura gerontocratica che governa l’Italia andrà in tilt – saranno quelli che metteranno in crisi questo sistema costruito in provetta.

venerdì 17 aprile 2009

Primo vagone


Con il post di oggi 19marzo inizia un racconto a puntate di cui anche lui conosce solo l'inizio. Non ci saranno scadenze da rispettare, filoni narrativi da seguire, protagonisti da costruire. Sarà tutto affidato al caso. E al caos.

Occhi aperti solo a metà. La sedia inclinata quel tanto che basta per appoggiare la testa allo stipite della porta. Il braccio oscilla come un pendolo, una chiave inglese nella mano che sta per mollare la presa. La caduta dell'arnese lo fa sobbalzare. Scrolla le spalle, scuote la testa e, con un unico movimento, si alza e raccoglie l'attrezzo.

lunedì 13 aprile 2009

Dove sono gli ultrà?


Dove sono gli ultrà? E' un vecchio coro che molti tifosi cantano alternando le parole con il battito di mani. Di solito viene urlato appena scesi dai pullman o dai treni che li hanno portati in trasferta. E' un richiamo guerresco che invita gli ultras della squadra avversaria a uscire allo scoperto incitandoli allo scontro.


Mi è venuto in mente leggendo il libro Ultras. Identità, politica e violenza nel tifo sportivo da Pompei a Raciti e Sandri di Maurizio Stefanini di cui 19marzo09 si era già occupato in un precedente post.


Le sensazioni già espresse sono confermate. Il libro non aggiunge nulla di nuvo al dibattito intorno al fenomeno ultras. In più con una grande equivoco. Sotto l'enorme titolo scritto sulla copertina, Ultras appunto, seguono 183 pagine che con gli ultras hanno poco a che fare. Si parla molto di storia sociale del calcio in Italia e nel mondo, dall'antichità ai giorni nostri.


L'intento dell'autore è forse quello di trovare un filo rosso che unisca la rivolta di Nika ai fatti di Catania, la squalifica dello stadio di Pompei all'allontamento dalle competizioni europee delle squadre inglesi dopo i fatti dell'Heysel. Come a dire gli "ultras" ci sono sempre stati e ovunque si sia svolta una manifestazione sportiva di ogni genere.


L'idea di fondo potrebbe anche essere condivisibile e i fatti stanno lì a dimostrarlo: la sparatoria del 1905, la finale della Lega Nord tra Genoa e Bologna del 1925 giocata a porte chiuse per gli incidenti scoppiati tra i tifosi in un precedente incontro. Ma mettere in un unico calderone la torcida brasiliana e il caso della guerra nella ex Jugoslavia iniziata dagli spalti dello stadio, il conflitto tra Honduras e San Salvador scaturito anch'esso da una partita e i primi scontri tra tifosi in Italia agli albori del '900 sembra eccessivo. Oppure bisognava trovare un altro titolo al libro.


Il fenomeno ultras è circoscrivibile in un preciso spazio temporale e geografico: inizia alla fine degli anni '60 per durare fino ai giorni nostri e si sviluppa esclusivamente in Italia. Tutto il resto è altro.


Il pregio del libro è quello di narrare molti fatti (anche se qualsiasi persona appassionata del tema già conosce) e di farlo con gli occhi del cronista, senza mai lasciarsi andare in giudizi di condanna o di assoluzione. Chi non conosce molto il tema potrà leggere di tutti i morti di calcio in Italia e molte altre storie di calcio e violenza (ma non di ultras) da tutto il mondo.

giovedì 9 aprile 2009

Cronache da un terremoto del 6 aprile 2053



6 aprile 2053- La città è distrutta. La polvere che si alza dalle poche strutture ancora in piedi indica l'ultima scossa. Nella notte la terra ha tremato e ha seminato morte e distruzione. Fare una conta delle vittime al momento è impossibile. Cento, due cento, tre cento. I primi soccorritori arrivati già nella notte dicono che non ricordano di aver mai trovato una situazione del genere. Qui, è più facile contare le case rimaste su di quelle crollate.

7 aprile 2053- Le vittime sono 150. Per il momento. Sicuramente il numero è destinato a salire. I vigili del fuoco e i volontari della protezione civile scavano senza sosta nella speranza di trovare qualcuno ancora in vita. Ieri una donna è stata estratta viva dalle macerie. Gli applausi sono scoppiati liberatori quando la donna è riuscita ad alzare un braccio per rassicurare i presenti. Intanto le vittime sono salite a 189. Un intero nucleo familiare è stato ritrovato tra quel che rimane della loro villetta. Oggi arriverà in città il Capo.

8 aprile 2053- La gara di solidarietà è partita e attraversa tutta l'Italia. Raccolte di beni di prima necessità e di denaro, offerte di posti letto nelle proprie case. Dal Veneto un gruppo di falegnami in pensione sta partendo portando nei luoghi del sisastro il materiale per costruire una chiesetta. Intanto la conta delle vittime aumenta. Ieri è stato trovato un ragazzo. La mamma in lacrime racconta la sua storia: "Era appena tornato dall'Africa, faceva il volontario in Zimbabwe". Il Capo ha prolungato la sua visita nei luoghi del disastra: "Nessuo sarà lasciato solo", ha detto.

9 aprile 2053- La terra continua a tremare. Ieri una scossa del 5 grado della scala Richter ha fatto crollare quel che rimaneva della cupola del Duomo. Le macerie continuano a restituire i corpi degli abitanti della città ormai distrutta. Siamo a 256.
Ringraziamo i nostri lettori che in questi giorni ci stanno seguendo numerosissimi. Cinque milioni e 700 mila copie vendute l'altro ieri, otto milioni e 700 mila ieri. Anche il nostro allegato speciale è stato seguitissimo: 6,7 milioni di lettori. Cifre che superano ogni record precedente.

10 aprile 2053- Perchè le case sono crollate come cadono i biscotti nel latte dopo averli inzuppati troppo? E' questa la domanda che circola tra le tende allestite per gli sfollati. Risparmi di una vita per tirare su quella casa che non ha retto alle scosse che se avvenute in Giappone non avrebbero causato nemeno un morto, se non per infarto. La Magistratura indagherà. Intanto il Presidente ieri ha detto che "dobbiamo sentirci tutti colpevoli". Tutte le altre più alte cariche dello Stato si sono dette concordi.

11 aprile 2053- Hanno lavorato tutta la notte. Alla fine la gioia ha prevalso sulla fatica. I cani hanno cominciato ad abbaiare indicando ai soccoritori un punto preciso e lì si è cominciato a scavare. Dopo due ore di lavoro è emersa Lucia, tra gli applausi dei presenti. Ma accanto alle storie a lieto fine, ce ne sono altre col finale tragico. Marco non doveva essere in città. Aveva deciso all'ultimo momento di restare. E' rimasto seppellitto dalle travi del tetto della casa dove era ospitato da un amico. Le vittime sono 294. All'appello non manca più nessuno, quindi la conta è definitiva.

lunedì 6 aprile 2009

19 marzo al congresso del Pdl



Ecco il video di 19marzo a passeggio tra i delegati e gli invitato al congresso del Pdl. Al di qua della staccionata gialla e anche oltre.

Un ringraziamento per il montaggio a Francesco Paris e Davide Caporaletti, convinto che se il loro aiuto non fosse stato solo nella prima parte del montaggio, il lavoro sarebbe stato sicuramente maggiore.

Poi...di ritorno dal Festival di Giornalismo


Arrivo. luca.telese@ilgiornale.it "Si, mandi una mail le risponderò appena posso".
Poi...Michele Serra: "Quando c'è un delitto i media sono contenti, pare come gettare una bistecca nella gabbia del leone".
Riccardo Barenghi: "Vorrei far scrivere alla mia Jena qualcosa sulla destra ognitanto. Ci penso giorni interi, poi mi giro dall'altra parte e mi viene subito".
Ghigno.
Michele Serra: "Ogni tanto mi viene da pensare che per votare servirebbe un patentino". Sbigottimento.
Sbadiglio.
Poi...user: forimicon. Password: giornalismo2009
Poi...vanguard. Ovvero, punta di una lancia. Giornalisti supereroi (?) che stanno riscrivendo l'estetica di raccontare storie.
Poi...giù per corso Vannucci. Sala dei Notari.
Rosaria Capacchione.
Tutto esaurito.
"La sicurezza collettiva è più importante della sicurezza personale".
Applausi.

Il contorno è stato meglio del contenuto. Prevedibile.
Tanto pubblico. Impensabile.
Tanta curiosità di ascoltare. Magari cose più interessanti.

giovedì 2 aprile 2009

Finestra sul giornalismo


E' cominciato ieri il "Festival Internazionale del Giornalismo" a Perugia. Dibattiti, incontri, grandi penne e tutto ciò che in queste occasioni non può mancare.

La crisi dell'editoria è sotto gli occhi di tutti. Calano gli introiti pubblicitari, internet divora spazi ai media tradizionali senza, però, offrire un modello economico alternativo, capace di garantire stipendi dignitosi ai redattori.

Negli Stati Uniti i quotidiani chiudono ad un ritmo sempre più veloce tanto che il New York Times ha creato giorni fa una mappa sul proprio sito internet dove ha segnalato la situazione dei giornali americani Stato per Stato. La mappa sarà sicuramente aggiornata a breve.

Lo stato di salute della stampa incide in modo decisivo sullo stato di salute della democrazia. Ne hanno parlato i professori Miguel Garrido e Sam Schulhofer Whol dell'università di Princeton. Ne riporta mirabilmente themannextdoor in uno dei suoi ultimi post.

Per questo parlare di stampa e giornalismo oggi assume un'importanza maggiore.

La Scuola di Giornalismo di Urbino ha spedito a Perugia una squadra di inviati che seguirà il Festival e ne darà conto attraverso uno speciale.

mercoledì 1 aprile 2009

Popolo (della libertà)


Caos.
E' la sensazione che più rimane impressa della giornata domenicale alla Nuova Fiera di Roma.
Al congresso del Pdl c'erano 6.000 delegati, 3.000 giornalisti accreditati, migliaia di ospiti.
Le migliori penne del giornalismo italiano hanno scritto di ciò che è accaduto sul palco. Altri, non meno importanti, hanno scritto articoli di colore, come vengono chiamati, sulle impressioni della platea.

Io ero tra le prime file. Degli invitati. Cinquanta, forse settanta metri dal palco. In quello spazio che divide un delegato da un invitato, dove i primi passano i badge all'amico sprovvisto nelle pagine di un giornale. Tra assessori di Vattelappesca e consiglieri comunali di Chennesòio in posa per i manifesti delle prossime elezioni amministrative con il mega palco come sfondo. Dove transenne gialle indicano la distanza tra l'io posso e tu no. E allora scattano le paroline sussurrate nell'orecchio del ragazzone che sorveglia l'ingresso: lei non sa chi sono io. Le parole urlate nel cellulare “Si lo so che sei in prima fila. Dai aspettami, arrivo, se solo mi facessero passare...”
Ministro? Vice ministro? Come minimo sottosegretario. Che importa. La prima fila è quella che conta. E non quella degli invitati.

“Si vota per....chi è favorevole? Chi è contrario?Chi si astiene?” Bedge che si alzano e si abbassano. “Si vota per....chi è favorevole? Chi è contrario?Chi si astiene?” Bedge che si alzano e si abbassano. In realtà quasi tutti lo alzano quando c'è da essere favorevoli. Del resto questi sono rituali stanchi di una liturgia ormai morta. E' uno “spettacolo” di cui i presenti sono parte integrante. Magari fino alla staccionata gialla.

Al di qua. “No, se lei si mette davanti io non vedo niente”. “Io sono partithho alle sei di stamane, ci si sveglia prima se si 'ole trova posto a ssedere!” “Uè Gaetà, porta a sedia ccà cà verimm megl”. Al di qua molti posti non sono a sedere, ma pur di esserci ci si sveglia alle sei di mattina, si parcheggia a quasi un chilometro dall'ingresso, si supera il parcheggio delle auto blu, si fanno
venti minuti di fila e “Uè Gaetà, porta a sedia ccà ca' verimm megl”.

Da qui giù sembra un puntino. Certo quando agita le braccia lo si nota di più. Quando mostra la pergamena pare farsi più grosso. É lui. Anzi Lui. Per alcuni il Presidente. “Oggi parla un'ora e mezza filata”.

Si vota ancora . Anche se in realtà il candidato è uno. Meglio, Unico. “Chi è favorevole?” Prima centinaia, poi migliaia di cartoncini gialli si alzano. Poi “...ricordo che il Presidente può essere eletto anche per acclamazione”. Ovazione.

“Si giusto”. “Ha ragione”. “Bravo”. L'inglese obbligatorio. I writers che imbrattano i muri delle nostre città. Più poteri al premier. La lucida follia. Anche al di qua della staccionata gialla arrivano. E al di qua della linea gialla “Si giusto”, “Ha ragione”, “Bravo”.

Poi “Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipio, s'è cinta la testa....”. Poi “Na na na na na na na..” Dagli altoparlanti parte la musica. Le parole ce le mettono quelli al di qua della staccionata gialla. “Meno male che Silvio c'èèèèèè”.

Il circo chiude. Sono quasi le 2. I tg hanno avuto ciò che volevano.

E' nato il Popolo della Libertà. Che poi a guardarlo bene, al di qua della staccionata gialla, sembra proprio un popolo normale.

Ps a breve il video "Il Popolo" (della Libertà)