Su 19 marzo trovi

Pensieri e idee. Articoli di giornale e commenti. Vignette e foto dal mondo. Giornalismo e storie da raccontare. Prodotti trovati su internet e quelli fatti da me all'interno della scuola per la formazione al giornalismo.
Libri letti e da leggere.
Buoni propositi e cattive azioni.

venerdì 30 ottobre 2009

Gli italiani al volante spiegati ad un alieno

Se oggi un alieno bussasse alla porta di casa mia e mi chiedesse di spiegargli la situazione nel mio Paese non lo annoierei con discorsi su trans, mignotte, politici corrotti, Berlusconi al governo e Bersani all'opposizione.

Prenderei le chiavi della macchina e lo porterei a fare un giro. Gli spiegherei che la spia accesa sul cruscotto non indica una guasto, ma la neccessità di un rifornimento di carburante. Farei vedere al mio ospite la città più bella del mondo, Roma: il Colosseo, Piazza Venezia, i Fori, il Campidoglio. Gli direi che l'Italia è tutta così. Magari Roma ha una concentrazione più alta di attrazioni artistiche, ma in ogni città troverà un motivo valido per affrontare il viaggio.

Dopo avergli detto questo dell'Italia, gli parlerei degli italiani.
"Vedi come guidiamo? Ecco, noi siamo così". Gli direi che l'intoppo in cui siamo fermi è dovuto alle auto ferme in doppia fila. Alcuni stanno pochi istanti, altri intere ore. Fanno colazione, si fermano a comprare le sigarette, fanno un salto in farmacia. Gli spiegherei certo che trovare un parcheggio in una grande città è complicato, ma il tempo che si perde in intoppi causati dalla sosta in doppia fila è incalcolabile. Gli direi che la macchina che ci precedeva e che ha appena svoltato non sarà l'unica che vedrà girare senza freccia. Gli direi che ora siamo fermi perchè l'incrocio è bloccato. Noi avremmo la strada libera davanti, ma le macchine che provengono dalla strada che incrociamo hanno occupato l'incrocio anche se hanno la via bloccata. Gli direi che i pali verticali che spesso incrociamo sono dei segnali che indicano il dover dare la precedenza, lo stop, il divieto di sorpasso, il limite di velocità. "Vedi quell'uomo? Inveisce contro quell'altro perchè non gli è stata datala precedenza. Ma attento. Appena ha smesso di inveire ha passato il semaforo anche se era rosso, cioè indicava il dover aspettare". Poi lo porterei sul Raccordo, una strada a scorrimento veloce. In teoria. Gli farei vedere che la terza corsia a destra, che è destinata ai mezzi più lenti, è vuota e risulta più scorrevole della terza di sinistra, che invece dovrebbe essere usata per i sorpassi. E questo è uno dei principali motivi di formazione del traffico.

"Perchè ti ho fatto fare qesto giro? Perchè la strada è uno dei migliori specchi della società. Perchè è una micro-società. Ci sono delle regole, dei controllori che vigilano sul loro rispetto, eppoi ci siamo noi, i cittadini-autisti. Noi italiani ci comportiamo nella vita come al volante. Crediamo che un minuto della nostra giornata valga infinitamente di più dello stesso minuto della giornata di un'altra persona; esigiamo il rispetto delle regole dagli altri e siamo i primi a trasgredirle; crediamo che sulla strada, come nella vita, siamo soli e possiamo occupare gli spazi he riteniamo opportuno occupare senza pensare di poter far danno a qualcun altro; pensiamo di essere più furbi di qualsiasi altra persona".

"Questo già lo sapevo" - mi ha risposto quando gli ho detto le ultime parole - "Era arrivata notizia pure da noi".
"Ah davvero, e di Marrazzo che dite?"


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lunedì 26 ottobre 2009

Due capitoli: la notizia brutta, poi quella bella

La "Sfiga è di sinistra" aveva scritto 19marzo09 pochi giorni fa. Alla luce degli ultimi scandali, confermo. Ma aggiungo: la sinistra, e soprattutto il suo popolo, sono duri a morire.

Confermo che la sfiga è di sinistra alla luce dello scandalo sessuale che ha interessato un leader, seppur regionale , del Pd. Lo dico per vari motivi. Il primo è la tempistica: pochi giorni prima delle primarie che hanno interessato il Partio Democratico e pochi mesi prima delle elezioni che avrebbero interessato proprio Piero Marazzo.
Il secondo sono le modalità. E' triste dirlo, ma agli scandali sessuali che riguardano politici gli italiani si stanno, purtoppo, abituando. Ma quello che ha colpito Marrazzo è più sfigato degli altri. Non solo per il goffo tentativo di difesa quando già davanti al magistrato il presidente della Regione del Lazio aveva ammesso il tentativo di estorsione e di conseguenza anche la frequentazioni di trans, ma per un motivo ulteriore. Mentre la figura di Berlusconi circondato da avvenenti escort rafforza la sua immagine di uomo forte, virile, sessualmente attivo nonostante l'età, i commenti che si ascoltano dall'uomo della strada su Marrazzo e le sue "amiche" brasiliane, metà uomini e metà donne, sono pieni di sorrisini, quando non di veri e propri ghigni. Immaginate poi con quel cognome (anche questo, che sfiga!) la rima viene troppo facile.

Il secondo capitolo di questo post è invece la buona notizia, quella che di solito si contrappone a quella brutta (per la quale vedere sopra). Tre milioni di elettori del Pd ieri sono andati ai gazebi per scegliere il prossimo segretario del partito (siamo già al terzo...). 3.000.000. Una cifra che nessuno si aspettava. Perchè tutte le ultime volte che gi italiani sono stati chiamati alle urne hanno sempre scelto Berlusconi, perchè l'immagine che spesso l'opposizione ha offerto di sè nel corso degli ultimi mesi non si può certo definire credibile (guarda lo sventolio di calzini turchesi in difesa del giudice Mesiano), perchè il dibattito tra i tre candidati alla segreteria non è stato esaltante. Eppure molti cittadini hanno scelto di dire la loro, partecipare a un tipo di votazione a cui siamo ancora fortemente disuabituati e hanno scelto il candidato che ritengono più adatto (non oso dire il "migliore").
Ora starà a Bersani non offrire l'ennesima dimostrazione che il popolo del centro-sinistra (a proposito, ora il trattino ce lo rimettiamo?) è migliore dei leaders che lo rappresentano.


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venerdì 23 ottobre 2009

No, grazie

"Caro segretario,
la ringrazio molto, ma rifiuto la sua proposta di farle da vice qualora lei vincesse le primarie del nostro partito. Perchè lo faccio? Perchè mi sarebbe piaciuto che lei avesse giustificato la scelta su di me perchè mi ritiene un bravo politico, una persona onesta, una personalità che per le sue conoscenze può portare al Pd qualcosa in più. E non perchè "semplicemente" sono di colore. Vede, la giustificazione di essere scelto per il colore della pelle è esattamente identica al fatto di non essere scelto per lo stesso motivo. Credo, e penso che dovrebbe essere convinzione di un partito progressista, che il colore della pelle non debba rientrare tra i criteri di selezione. Nel bene e nel male.
Nel corso della mia vita ho sempre rifiutato di redere e mi sono sempre opposto al fatto che il colore della mia pelle fosse da ostacolo ai miei obiettivi, ai miei sogni, ai miei traguardi. E per raggiungerli ho puntato su me stesso e non sul fatto di essere di colore. Ora non vorrei che essere nero "agevolasse" il raggiungimento di una posizione che mi gratificherebbe molto. Forse, però, l'Italia non è un Paese ancora pronto".

A 19marzo09 sarebbe piaciuto che Jean Leonard Touadì avesse risposto cosi alla proposta di Dario Franceschini di fargli da vice qualora fosse confermato segratario del Partito Democratico.

Invece Tuoadì ha accettato.

http://www.youtube.com/watch?v=fzmtxHYgdDI

giovedì 22 ottobre 2009

Non sto da nessuna parte

Ma cosa succede se si allarga lo sguardo dal giornalismo alla società? Se invece di parlare della faziosità dei giornali parlassimo della faziosità di noi lettori-cittadini-elettori? Lo sintetizza Luca, che scrive:

"Quello che mi preoccupa è la piega che sta prendendo tutto questo. Come sempre in Italia, una deriva barricadera. Dove una opposizione che urla e si agita, grida al golpe, non fa altro che parlare del letto di Putin, un’opposizione alla Di Pietro insomma, è assolutamente funzionale al governo, ai berluscones, alla radicalizzazione di una situazione che ha una sola vittima, il Paese, sempre più impantanato nelle secche del suo immobilismo, sempre piu’ pieno di gossip e vuoto di politica. Che poi, se ci pensate, è proprio questo il lascito del berlusconismo: borrare, cancellare una coscienza civile critica e dividere la società in modo manicheo. Dove ci sono i buoni e i cattivi, le zoccole e le sante, i liberali e i comunisti, gli uomini del fare e quelli del parlare, il babaglino e Sabina Guzzanti, i Vespa e i Santoro. Nessuno è riuscito dividere cosi’ tanto, quasi antropologicamente, la società italiana negli ultimi anni, a trasformare la popolazione in chi ama il Silvio e sarebbe disposto a fare una colletta per pagargli la somma che Fininvest deve a CIR (tutto vero, ahimè, tutto vero!!! ma ci rendiamo conto che mostri?) e in chi lo odia, lo vorrebbe appendere per i coglioni a Piazzale Loreto. Lui, intanto, se la ride. E Repubblica, secondo me, c’è cascata, purtroppo, piegata a una deriva moraleggiante che dopo un po’, francamente, stanca. Una deriva moraleggiante che condanna il Corriere della Sera quando la campagna di Scalfari&C è stata fatta proprio con le notizie di via Solferino. Facendo l’amore con Di Pietro,poi, Repubblica si condanna all’eccessiva politicizzazione. Una politicizzazione, ahimè, destinata a rimanere minoranza."

Non credo che l'attuale situazione italiana derivi tutta da Di Pietro, ma credo che Luca colpisca nel segno quando dice che la società italiana è attraversata da una frattura insanabile.

Un vecchio slogan mafioso diceva "Non vedo, non sento, non parlo". Un motto vergognoso che in Italia siamo riusciti persino a peggiorare. Oggi infatti credo che tutti noi abbiamo fatto nostro il motto "Non vedo, non sento, ma parlo". Siamo chiusi al confronto, alla dialettica, siamo barricati dietro le nostre convinzioni, ci schieriamo da una parte o dall'altra senza possibilità di stare nel mezzo, abbiamo rinunciato alla possibilità di un confronto dialettico, che può essere anche acceso, per lasciare spazio all'invettiva se non all'insulto.

Tutti parlano, nessuno ascolta.

E tornando ai giornali mi viene in mente un altro proverbio popolare: "Dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei".

Se leggi "Il Giornale" sei berlusconiano, evasore di tasse, un bugiardo, un criminale, un ricco sfondato, un puttaniere, un papalino, un corrotto e corruttore, un quasi analfabeta, fan di Feltri.

Se leggi "La Repubblica" sei un comunista, fannullone, farabutto, protetto dai giudici, un moralista, un doppiopesista, un buon predicatore ma pessimo razzolatore, firmatore d'appelli, manifestante senza causa, fan di Santoro.

Steccati. Agli occhi degli altri siamo tutti classificati e schierati: con me o contro di me.
Nulla sfugge alla catalogazione. Si pensi alla vicenda del giudice Mesiano.
Per una parte è una toga rossa, fustigatore delle ricchezza di Berlusconi, un tipo stravagante promosso dopo aver emesso la sentenza contraria al premier e quindi per meriti politici.
Per l'altra parte una vittima del sistema mediatico controllato da Berlusconi, già mito, martire, bandiera da sventolare come un calzino turchese.

Nulla e nessuno sfuggono alla catalogazione. E se qualcuno lo fa è subito accusato di doppio-giochismo, di manovre losche. Penso all'associazione di Fini FareFuturo che propone l'insegnamento dell'Islam nelle scuole o il voto agli immigrati.
E voi? Con chi state? Come vi cataloghiamo?

A 19marzo09 piacerebbe un mondo come quello descritto da Giovanni De Mauro sull'"Internazionale" di questa settimana e che ha segnalato Brunella:

"Il direttore del Corriere della Sera ha ragione quando scrive che i giornali non sono un partito, ma non per questo dev’essere accusato di stare dalla parte di Berlusconi. Il fondatore di Repubblica ha ragione quando dice che certe volte bisogna schierarsi, ma non per questo dev’essere accusato di volere il sangue degli avversari. I due più importanti quotidiani nazionali hanno grandi responsabilità nell’imbarbarimento del confronto politico, ma chi lo dice non dovrebbe essere rimproverato di voler mettere il bavaglio ai giornalisti. La stampa straniera ha ragione quando si stupisce che gli italiani votano ancora per il centrodestra, ma non per questo dev’essere accusata di voler sputtanare l’Italia. A volte però anche la stampa straniera usa pigri stereotipi per parlare dell’Italia, e se lo si fa notare non per questo si può essere definiti campanilisti. Perfino Berlusconi ha ragione quando afferma che non ha più di fronte una vera opposizione, e riconoscere che ha ragione non significa essere voltagabbana o disfattisti. In poche parole, dovrebbe essere possibile continuare a ragionare sui fatti senza per questo essere inchiodati a una tesi o alla sua antitesi".

Bello. Molto bello, ma chi è disposto a sacrificare parte dei propri convincimenti per mettersi in gioco?

Diffido sempre da chi ha la Ragione. O anche solo se crede di averla. Figuratevi il disagio che 19marzo09 prova di questi tempi che tutti credono di averla in maniera totale ed esclusiva.

Finisco tornando al giornalismo. Comincio molto spesso la giornata leggendo "Buongiorno", la rubrica di Massimo Gramellini su "La Stampa". Nel decennale della nascita l'autore ha scritto queste parole:

"Quelli che «certo che voi comunisti, se non aveste Berlusconi da sfottere, non sapreste cosa scrivere»: li perdono.
Quelli che «va bene che lei sta con Berlusconi, ma ogni tanto potrebbe sforzarsi di trattare bene la sinistra»: li perdono".

Mi piace cominciare la giornata leggendo una persona che scrive semplicemente quello che pensa senza poter essere catalogato.
Anche a 19marzo09 piacerebbe un giorno poter scrivere senza che il lettore si chieda da che parte sta; vorrebbe poter leggere senza chiedersi chi scrive da che parte sta; vorrebbe poter ascoltare senza chiedersi chi parla da che parte sta; vorrebbe poter parlare senza che il suo interlocutore si chieda da che parte sta.


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lunedì 19 ottobre 2009

Giornalismo militante (prima puntata)

Questo post è più difficile da scrivere rispetto agli altri. Perché tradisce quella che molto presuntuosamente ho definito “linea editoriale” del blog. Ma se in questo post esplicito un mio punto di vista è solo per partecipare a un dibattito su modi diversi di interpretare il giornalismo e spero che questo intervento lo alimenti.

La casella di posta elettronica di 19marzo09 si è riempita di mail di altri colleghi della scuola di giornalismo che dibattevano su “La Repubblica” e sul giornalismo in generale.

"Noi lo sappiamo che Repubblica ha bucato le notizie di questi mesi su Silvio (più o meno tutte !!!) e che ha fatto solo campagna moral-inquisitoria. Noi lo sappiamo che un quotidiano che sia degno di questo nome non chiede la testa di nessuno. Noi lo sappiamo che le notizie sono notizie e basta, che i lettori debbono formarsi opinioni ed agire in base alle notizie. Noi lo sappiamo, vero?... Non si salvano più, sono un partito. Neanche se nonno Scalfari (ave oh maestro .... fino a quando non ha compiuto 129 anni) va a Villa Ada a giocare a bocce. Neanche se Mauro torna a dirigere le poste di Albano Laziale. Neanche se De Benedetti vende a Murdoch, non si salvano sul piano etico, proprio quella sfera a loro tanto cara...che buffi. Che Boffo. Che baffi. Che beffa."

Scrive Giorgio. E concorda Alberto, che però fa un distinguo:

"Non condivido di considerare il Corriere la bibbia del giornalismo perché anche Ferruccio de Bortoli ha i suoi simpatici scheletrini. Fondamentalmente non c'è la bibbia del giornalismo, tanto che per bilanciare la copia di Repubblica, che gentilmente mi forniscono, ho cominciato a prelevare dalla mazzetta anche “il Giornale”. Sì, “Il Giornale”. Che intendo dire con questo? Fortunato chi ha la possibilità di leggere molto, meglio tutto, e farsi un'idea di quanto accade. Repubblica ha i suoi punti di forza tanto quanto il Corriere e tanto quanto il Corriere ha i suoi buchi neri. Insomma sì a discutere delle fregnacce e forzature fatte da Repubblica e delle notizie portate dal Corriere da quest'estate a oggi. No a considerare via Solferino come la Fonte Unica dove abbeverarsi di notizie altissime, purissime e levissime."

Ogni buon giornalista dovrebbe chiedersi quale sia il ruolo del giornalista nella società, il risvolto che potrebbero avere le proprie azioni durante tutta la propria vita professionale. E’ ancora più giusto che lo facciano persone nel pieno della propria preparazione.

Sul dibattito su Repubblica dico la mia. Credo che Repubblica non stia diventando un partito, ma lo sia sempre stato. Ne avevo già scritto in un altro post riportando scritti dell’attuale direttore e del padre fondatore.

Credo che l’evoluzione di Repubblica-partito sia più evidente in questa fase storica per un motivo ben preciso: la debolezza dell’opposizione parlamentare.
Questo pensiero trova conferma in un editoriale di Curzio Maltese, uno dei più apprezzati opinionisti, che il 4 ottobre scorso, scrive:

“Non sappiamo se l' opinione pubblica è davvero e ancora «una forza superiore a quella dei governi», come scriveva Saint Simon agli albori della democrazia. Nell' Italia di oggi è in ogni caso una forza superiore a quella di un' opposizione politica divisa, confusa e a giudicare dagli ultimi voti parlamentari anche distratta. Il potere ne è consapevole e infatti gli attacchi agli organi d' informazione in questi mesi hanno raggiunto toni mai toccati dalla polemica politica”.

L’opinione pubblica a cui fa riferimento Maltese è chiaramente identificabile: quella che compra e legge “La Repubblica”, scende in piazza dopo la chiamata a raccolta del Gruppo editoriale L’Espresso”, firma gli appelli sul sito di Repubblica, etc. E gli attacchi del premier contro Repubblica significano che i suoi avversari "siamo noi" e non sono in Parlamento. “La Repubblica” è più forte del Pd. E’ il pensiero di Maltese.

Di fronte a questa situazione, da giovane giornalista-apprendista, mi chiedo: è questo il ruolo che un giornale deve svolgere in un Paese con una democrazia avanzata? E’ positiva questo livello così elevato di commistione politico-editoriale? Possibile che per capire lo stato di salute di una parte politica bisogna rivolgersi allo stato di salute di certi giornali?

Perché dico questo? La debolezza del Pd è inversamente proporzionale all’intraprendenza di “La Repubblica”. Ma mentre il primo perde voti, la seconda diminuisce le copie vendute, sintomo di una debolezza culturale nel Paese delle idee a cui fanno riferimento entrambi.
La sinistra esce dal Parlamento, fa un congresso e (toh!) si divide, e oltre a “il manifesto” e “Liberazione” arriva nelle edicole “L’Altro”, diretto da Sansonetti e che va a braccetto con “Sinistra e Libertà”. “L’Altro” rispecchia talmente bene la situazione della sinistra che poco tempo fa due redattori hanno lasciato il giornale in polemica con alcune scelte editoriali. Una scissione, praticamente. Per dar voce all’opposizione in stile Di Pietro, nasce infine “Il Fatto Quotidiano”. Come descrivere il giornale diretto da Padellaro? Che la magistratura e le indagini giudiziarie stanno al “Fatto” come Berlusconi sta a Repubblica: senza l’uno non esisterebbe il giornale. Ma il debutto è un successo, infatti Di Pietro gode di ottima salute elettorale.

A destra Feltri fa da guida a un giornalismo militante al servizio di chi paga (nel senso di padrone del giornale). Il servizio sul giudice Mesiano andato in onda sul Canale 5 non merita giudizi.

Questo a riprova che “chi è senza peccato……”.

Detto ciò, mi chiedo (e lo chiedo anche ai miei colleghi futuri giornalisti) a chi piace questo giornalismo militante? Che differenza c’è tra Repubblica che cerca di convincerci che se un premier va a letto con delle mignotte è ricattabile e Canale5 che ci dice che uno che fuma passeggiando in attesa del barbiere si comporta in modo stravagante? Chi di voi vorrà entrare in una redazione con tesi preconfezionate da dimostrare invece che fatti da raccontare?

(continua…)



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lunedì 12 ottobre 2009

Giornalismo d'oggi

Penso che per un lettore di giornale non ci sia nulla di più insopportabile di leggere articoli che attaccano o polemizzano con altri giornali o colleghi (di chi scrive). Credo questo per una serie di motivi.

Primo: le persone interessate a questo tipo di polemiche sono molto poche. Se aggiungiamo il fatto che i lettori di giornali sono un'esigua minoranza della popolazione italiana, stiamo parlando di una minoranza della minoranza che legge questo tipo di articoli. Quindi destinare questi spazi al racconto di notizie o commenti sui fatti sarebbe più proficuo. Se non si hanno fatti da raccontare o idee, si può sempre vendere lo spazio alla pubblicità. In tempi di crisi dell'editoria rivolgersi alla minoranza della minoranza dei lettori non è una buona scelta.

Secondo: tranne gli addetti ai lavori (e quindi sempre all'interno dell'autoreferenzialità), quasi la totalità dei lettori legge un unico giornale. Quindi nei botta&risposta tra i polemisti, il lettore avrà una visione parziale poichè non leggerà la risposta sull'altro giornale. Oppure avrà una visione distorta poichè saprà della risposta attraverso l'articolo di contro-risposta, dove saranno riportate le parole che più fanno comodo per la polemica o verranno riportate in modo poco veritiero.

Questo post vuole solo riportare, per intero, l'ultima polemica giornalistica. Protagonisti
Ferruccio De Bortoli, direttore del "Corriere della Sera", e Eugenio Scalfari, fondatore di "La Repubblica".

Tutto è iniziato dalle parole del premier, Silvio Berlusconi, durante la conferenza stampa al termine dell'ultimo Consiglio dei Ministri, il 9 ottobre scorso:

"Il Corriere della sera è passato da essere un buon foglio della borghesia italiana a un foglio della sinistra".

Il giorno dopo il direttore del quotidiano di via Solferino scrive un editoriale dal titolo "Le critiche al Corriere. Una risposta".

"Non sappiamo che cos’abbia spinto il premier a criticare ieri il Corriere ...Forse abbiamo un unico grande torto. Siamo un giornale che ragiona con la propria testa, lungo il solco liberale della sua tradizione. Un quotidiano che si ostina a coltivare la propria indipendenza...Il Corriere non veste alcuna divisa e non indossa nessun elmetto. Si è ben guardato, in questi mesi, dall’assecondare la campagna scatenata contro il premier, con vasta eco all’estero, dai suoi nemici, politici ed editoriali, e da tutti quelli che hanno ridotto l’opposizione allo sguardo insistito nella sua vita privata. Dimenticando tutto il resto...Certo le notizie non le abbiamo mai nascoste. Mai. Ma neanche strumentalizzate e piegate alle esigenze di parte, come accade in quasi tutto il panorama editoriale". Scrive De Bortoli (invito ad andare sul link per leggere tutto l'articolo).

Il giorno dopo, domenica, dalle pagine di "La Reppubblica", interviene Scalfari con il suo consueto sermone domenicale e, riferendosi a De Bortoli, scrive:

"Cita tutti gli articoli recenti da lui pubblicati che hanno sostenuto il governo e le sue ragioni; rivendica di non aver mai partecipato a campagne di stampa faziose, condotte da gruppi editoriali che vogliono pregiudizialmente mettere il governo in difficoltà con argomenti risibili; ricorda di aver approvato la politica economica e sociale del governo, la sua efficienza operativa, la sua politica estera; ammette di averlo criticato solo quando è stato troppo duro con la Corte costituzionale e con il Capo dello Stato; auspica una tregua generale tra le istituzioni; riconosce al presidente del Consiglio l' attenuante di essere perseguitato in modo inconsueto dalla magistratura...Mi procura sincero dolore un giornale liberale ridotto a pietire un riconoscimento al merito dal peggior governo degli ultimi centocinquanta anni di storia patria, Mussolini escluso... Ma addirittura accusare noi d' una nefasta faziosità rivendicando a proprio favore titoli di merito verso il governo, questo è un doppio salto mortale che da te e dal tuo giornale francamente non mi aspettavo".

Oggi De Bortoli sente il bisogno di una controrisposta scrivendo un pezzo dal titolo "Un'informazione libera e corretta":

"Un giornale non è un par tito. L’informazione è corret ta se fornisce al lettore tutti gli elementi necessari per formarsi, in piena libertà e senza condizionamenti, un’opinione. Non lo è quan do amplifica o sottostima una notizia chiedendosi pri ma se giova o no alla pro pria parte o al proprio pa­drone. Ed è quello che sta accadendo oggi: i fatti non sono più separati dalle opi nioni. Sono al servizio delle opinioni. I lettori rischiano di essere inconsapevolmen te arruolati in due trincee, dalle quali si danno vita a campagne stampa e raccol te di firme".

E sempre oggi, a pagina 12, risponde direttamente a Scalfari il cui editoriale, scrive il direttore del "Corriere", è stato ingiusto e insultante":

"Scalfari ha letto la mia risposta di venerdì alle accuse del premier, manipolando le mie parole a suo uso e consumo. Lo considero profondamente scorretto. Il paradosso di tutta questa vicenda è che Repubblica ha fatto la sua campagna contro il premier con le notizie pubblicate… dal Corriere . Scalfari tenta di delegittimarmi moralmente perché non abbiamo seguito il suo giornale, querelato dal premier, e non siamo scesi in piazza sotto le bandiere di un partito o di un sindacato...Ma dov’erano lui e il suo giornale quando gli avvocati di Berlusconi, Ghedini e Pecorella (da me chiamati avvocaticchi per le leggi ad personam e per questo condannato) mi citarono in giudizio? E dov’erano lui e il suo giornale quando D’Alema, allora al potere, se la prese con noi fino a proporre la mia cacciata dall’Ordine dei giornalisti? Li ho forse accusati, in quelle occasioni, di essersi accucciati al potere di turno? No, rispettai il loro ruolo, anche se di spettatori. Interessati. Devo andare avanti?"

19marzo09 si è limitato a riportare la cronologia degli eventi e i link degli articoli. Quelli riportati sono spezzoni che 19marzo09 reputa importanti, ma è comunque necessario leggere l'originale cliccando sul link.

Così ognuno potrà verificare in prima persona se le parole riportate da Scalfari sono presenti nel primo articolo di De Bortoli. E se De Bortoli descrive effettivamente il suo giornale oppure le sue parole si riferiscono a un giornale immaginario.

A voi il giudizio.







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giovedì 8 ottobre 2009

La sfiga è di sinistra...

Copio. Se volessi essere indulgente con me stesso direi che traggo ispirazione. Mi riferisco al "Buongiorno" di oggi, la rubrica quotidiana di Massimo Gramellini su "La Stampa".

"Il 72% dei giornali è di sinistra (non il 71 e nemmeno il 73: il 72, l’ha detto Lui). La Corte Costituzionale è di sinistra, il Quirinale è di sinistra...e anche i vigili che danno le multe sono di sinistra...il vicino di casa che appesta il pianerottolo con la sua frittura è di sinistra...la sveglia alle sette è di sinistra, la barba da radere è di sinistra, il caffè amaro è di sinistra, i calzini bucati e gli ingorghi al semaforo sono di sinistra, il capufficio odioso è di sinistra, la moglie che mi ricorda le commissioni da fare è di estrema sinistra...le escort sono di sinistra, ma solo quelle che chiacchierano, naturalmente."
Lo scrive Gemellini. Ma la lista potrebbe essere allungata. E lo fa 19marzo09.

La sfiga e gli sfigati sono di sinistra. La fame e i morti di fame sono di sinistra. Le utilitarie sono di sinistra. Quelli che non entrano nei locali da fighetti (di destra sia i locali che i fighetti) sono di sinistra (perchè buttafuori, anche loro di destra, non li fanno entrare). La merda è di sinistra e anche chi la pesta. Quelli che si fanno processare e magari pure condannare sono di sinistra. Le condanne sono di sinistra (le assoluzioni di destra). Quelli in carcere sono di sinistra (è una conseguenza di quelle di prima). La disgrazie e i disgraziati sono di sinistra. I giornali con cui ci si pulisce il culo sono di sinistra, quelli ai tavolini del bar sono di destra. Il pisello è di sinistra, il cazzo è di destra. La vagina è di sinitra, la topa e la figa sono di destra.

Ecco. L'anomalia è che la Sinistra aveva la sua ragione politica e storica nel rappresentare tutte queste categorie sopraelencate e che in essa si ritrovavano.
Il problema è che la Sinistra non lo fa più.


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lunedì 5 ottobre 2009

Vorrei sapere perchè...

Vorrei sapere quanti di quelli che oggi piangono davanti alle telecamere dei tg perchè hanno perso la casa, sono andati in comune a sollecitare una concessione edilizia per costruire una casa dove non si poteva.

Vorrei sapere quanti di quelli oggi urlano "sono stato lasciato solo!", si sono vantati si essere cugini degli amici dello zio del nonno del figlio dell'assessore e di aver ricevuto così una concessione a costruire dove non si poteva.

Vorrei sapere quanti di quelli oggi reclamano una sistemazione abitativa alternativa subito, hanno costruito la propria casa dove il semplice buonsenso lo vietava pensando "tanto no succederà mai!".

Vorrei sapere perchè Qualcuno aveva previsto la disgrazia e ha lasciato che tutto questo accadesse.

Vorrei sapere perchè il capo della Protezione Civile è bravissimo a gestire le emergenze, ma non è capace a prevenirle.


Vorrei sapere perchè sempre il signor Qualcuno non la smette di parlare di modello L'Aquila per cominciare a parlare di modello Giappone.




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venerdì 2 ottobre 2009

Libertà di (conferenza) stampa

Domani si svolgerà a Roma una manifestazione per la libertà di stampa. Le posizioni in campo sono chiare: il Gruppo editoriale Espresso, supportato da "L'Unità", da una parte, il Governo (banalizzando), dall'altra. Per semplificare, si rinnova lo schema che l'Italia si ritrova davanti da circa vent'anni a questa parte: con Berlusconi o contro Berlusconi. Sullo sfondo stavolta non i guai giudiziari del premier, ma la sua vita privata fatta di festini, più che di feste.

Come sempre, la "linea editoriale" di questo blog non è quella di fornire verità, ma alimentare dubbi.

Sulla libertà di stampa si possono spendere parole bellissime. Tutte vere. Tutte sacrosante. Ma vorrei un attimo girare la medaglia. E dietro questa medaglia personalmente ci vedo servilismo.
Quel servilismo che ci impone una censura personale ancor prima di una censura esterna. Quel servilismo diventato ormai abitudinario nei comportamenti di molti giornalisti. Ma non solo.

Oggi ero alla conferenza stampa del ministro Frattini a conclusione della riunione del Consiglio dei Ministri. Fuori un senatore dell'Italia dei Valori, Stefano Pedica, che protestava a favore dello scioglimento del comune di Fondi. Il senatore già altre volte aveva occupato simbolicamente la sala stampa. Stavolta no. Divieto assoluto.

Il senatore ha provato entrare e ci sono stati momenti di tensione con la polizia che impediva il passaggio.

Dentro la sala stampa c'era un uomo (forse il responsabile della sala o della sicurezza, non so bene) che sotto i suoi capelli perfettamente pettinati all'indietro, immobili nel loro ordine, si preoccupava che dentro non arrivasse la voce della protesta e dei disordini. Invitava con toni poco garbati a rivolgere lo sguardo verso il banchetto della conferenza, intimava verso gli obbiettivi degli operatori di cambiare bersaglio, bloccava fisicamente i giornalisti che volevano avvicinarsi alla scena, ordinava ai commessi si alzare l'audio della filodiffusione per coprire la voce del senatore, comandava di chiudere le finestre quando un gruppetto, sempre dell'Italia dei Valori, ha cominciato a urlare "verità, verità".

Intendiamoci, probabilmente quell'uomo stava solo facendo il suo lavoro. Ma è altrettanto chiaro che con tutto il suo zelo volesse fare anche un favore a qualcuno.

Ecco, io dietro la medaglia della libertà di stampa ci vedo quest'uomo. Intento a far si che lo spettacolino vada avanti senza interruzioni, senza disturbi. Impegnato perchè il potere si accorga di lui e magari lo premi. Un uomo che crede stare dalla parte del più forte convenga di più che stare dalla parte del più debole.
E quel uomo è in ognuno di noi.


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