La casella di posta elettronica di 19marzo09 si è riempita di mail di altri colleghi della scuola di giornalismo che dibattevano su “La Repubblica” e sul giornalismo in generale.
"Noi lo sappiamo che Repubblica ha bucato le notizie di questi mesi su Silvio (più o meno tutte !!!) e che ha fatto solo campagna moral-inquisitoria. Noi lo sappiamo che un quotidiano che sia degno di questo nome non chiede la testa di nessuno. Noi lo sappiamo che le notizie sono notizie e basta, che i lettori debbono formarsi opinioni ed agire in base alle notizie. Noi lo sappiamo, vero?... Non si salvano più, sono un partito. Neanche se nonno Scalfari (ave oh maestro .... fino a quando non ha compiuto 129 anni) va a Villa Ada a giocare a bocce. Neanche se Mauro torna a dirigere le poste di Albano Laziale. Neanche se De Benedetti vende a Murdoch, non si salvano sul piano etico, proprio quella sfera a loro tanto cara...che buffi. Che Boffo. Che baffi. Che beffa."
Scrive Giorgio. E concorda Alberto, che però fa un distinguo:
"Non condivido di considerare il Corriere la bibbia del giornalismo perché anche Ferruccio de Bortoli ha i suoi simpatici scheletrini. Fondamentalmente non c'è la bibbia del giornalismo, tanto che per bilanciare la copia di Repubblica, che gentilmente mi forniscono, ho cominciato a prelevare dalla mazzetta anche “il Giornale”. Sì, “Il Giornale”. Che intendo dire con questo? Fortunato chi ha la possibilità di leggere molto, meglio tutto, e farsi un'idea di quanto accade. Repubblica ha i suoi punti di forza tanto quanto il Corriere e tanto quanto il Corriere ha i suoi buchi neri. Insomma sì a discutere delle fregnacce e forzature fatte da Repubblica e delle notizie portate dal Corriere da quest'estate a oggi. No a considerare via Solferino come la Fonte Unica dove abbeverarsi di notizie altissime, purissime e levissime."
Ogni buon giornalista dovrebbe chiedersi quale sia il ruolo del giornalista nella società, il risvolto che potrebbero avere le proprie azioni durante tutta la propria vita professionale. E’ ancora più giusto che lo facciano persone nel pieno della propria preparazione.
Sul dibattito su Repubblica dico la mia. Credo che Repubblica non stia diventando un partito, ma lo sia sempre stato. Ne avevo già scritto in un altro post riportando scritti dell’attuale direttore e del padre fondatore.
Credo che l’evoluzione di Repubblica-partito sia più evidente in questa fase storica per un motivo ben preciso: la debolezza dell’opposizione parlamentare.
Questo pensiero trova conferma in un editoriale di Curzio Maltese, uno dei più apprezzati opinionisti, che il 4 ottobre scorso, scrive:
“Non sappiamo se l' opinione pubblica è davvero e ancora «una forza superiore a quella dei governi», come scriveva Saint Simon agli albori della democrazia. Nell' Italia di oggi è in ogni caso una forza superiore a quella di un' opposizione politica divisa, confusa e a giudicare dagli ultimi voti parlamentari anche distratta. Il potere ne è consapevole e infatti gli attacchi agli organi d' informazione in questi mesi hanno raggiunto toni mai toccati dalla polemica politica”.
L’opinione pubblica a cui fa riferimento Maltese è chiaramente identificabile: quella che compra e legge “La Repubblica”, scende in piazza dopo la chiamata a raccolta del Gruppo editoriale L’Espresso”, firma gli appelli sul sito di Repubblica, etc. E gli attacchi del premier contro Repubblica significano che i suoi avversari "siamo noi" e non sono in Parlamento. “La Repubblica” è più forte del Pd. E’ il pensiero di Maltese.
Di fronte a questa situazione, da giovane giornalista-apprendista, mi chiedo: è questo il ruolo che un giornale deve svolgere in un Paese con una democrazia avanzata? E’ positiva questo livello così elevato di commistione politico-editoriale? Possibile che per capire lo stato di salute di una parte politica bisogna rivolgersi allo stato di salute di certi giornali?
Perché dico questo? La debolezza del Pd è inversamente proporzionale all’intraprendenza di “La Repubblica”. Ma mentre il primo perde voti, la seconda diminuisce le copie vendute, sintomo di una debolezza culturale nel Paese delle idee a cui fanno riferimento entrambi.
La sinistra esce dal Parlamento, fa un congresso e (toh!) si divide, e oltre a “il manifesto” e “Liberazione” arriva nelle edicole “L’Altro”, diretto da Sansonetti e che va a braccetto con “Sinistra e Libertà”. “L’Altro” rispecchia talmente bene la situazione della sinistra che poco tempo fa due redattori hanno lasciato il giornale in polemica con alcune scelte editoriali. Una scissione, praticamente. Per dar voce all’opposizione in stile Di Pietro, nasce infine “Il Fatto Quotidiano”. Come descrivere il giornale diretto da Padellaro? Che la magistratura e le indagini giudiziarie stanno al “Fatto” come Berlusconi sta a Repubblica: senza l’uno non esisterebbe il giornale. Ma il debutto è un successo, infatti Di Pietro gode di ottima salute elettorale.
A destra Feltri fa da guida a un giornalismo militante al servizio di chi paga (nel senso di padrone del giornale). Il servizio sul giudice Mesiano andato in onda sul Canale 5 non merita giudizi.
Questo a riprova che “chi è senza peccato……”.
Detto ciò, mi chiedo (e lo chiedo anche ai miei colleghi futuri giornalisti) a chi piace questo giornalismo militante? Che differenza c’è tra Repubblica che cerca di convincerci che se un premier va a letto con delle mignotte è ricattabile e Canale5 che ci dice che uno che fuma passeggiando in attesa del barbiere si comporta in modo stravagante? Chi di voi vorrà entrare in una redazione con tesi preconfezionate da dimostrare invece che fatti da raccontare?
(continua…)
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Ne conosco molti che vorranno farlo... Io ribadisco quanto detto, la fonte unica non esiste e il panorama dei media nostrani è uniformemente malato a causa delle proprietà delle testate.
RispondiEliminaC'è uno spazio di manovra in cui muoversi e cercare di mantenere una dignità professionale secondo me, naturalmente per chi intende farlo. Spero di non essere smentito dai fatti nel mio (e vostro) prossimo futuro redazionale.
In teoria comprando un giornale non bisognerebbe aspettarsi già una tesi su ogni argomento...se accade questo significa che il giornale in questione è militante e cioè che a prescindere dall'accadimento in sé porta avanti idee e stereotipi preconfezionati...significa che il giornale, come dice Francesco sul suo blog, dimostra le tesi, anziché cercare i fatti e raccontarli...a volte smentendo addirittura le proprie opinioni!!!
RispondiEliminaIn tutto questo il ruolo del giornalista si perde...perché i fatti sono manipolati e l'opinione (che comunque non può non esistere perché siamo teste pensanti ed è anche giusto che sia così)si piega alla difesa, spesso indecente, dei presupposti di partenza...
Insomma...sarebbe il caso che i giornalisti iniziassero a ragionare con la propria testa e non con quella del partito di appartenenza, dell'editore o del caporedattore...
In fondo, tuttavia, credo e spero, come Alberto,che un margine dignitoso di manovra ancora esista per chi vuole svolgere il suo lavoro onestamente, senza mettersi in trincea con l'intero giornale o fare a tutti i costi il ribelle e farsi sbattere fuori dopo una settimana di lavoro!!!
ho letto con attenzione il tuo pezzo, come del resto tutti gli altri, e rilevo una costanza di argomentazione che sconta, a mio modestissimo avviso, un errore di fondo. o per meglio dire parte da una premessa, che io trovo sbagliata, per arrivare a conclusione altrettanto discutibili. e cioè che esiste l'astratto ruolo dei giornali e dei giornalisti garanti di trasparenza, raccontatori di notizie. rigorosamente separate dai fatti. in poche parole forza della democrazia. e invece, senza scomodare marx, althusser, gli apparati ideoligici di stato, la falsa coscienza e via dicendo, i giornali, tutti sono parte del gran teatro della nostra vita, politica e non, e recitano il ruolo che gli viene assegnato e che, talvolta si autoassegnano. nulla di più e nessuna speranza. vivi nascosto. preferibilmente nel bosco.
RispondiEliminaave