Su 19 marzo trovi

Pensieri e idee. Articoli di giornale e commenti. Vignette e foto dal mondo. Giornalismo e storie da raccontare. Prodotti trovati su internet e quelli fatti da me all'interno della scuola per la formazione al giornalismo.
Libri letti e da leggere.
Buoni propositi e cattive azioni.

venerdì 17 luglio 2009

"Il mio futuro è incerto, ma ho più voglia di sperimentare che bisogno di certezze", Luca Bianchin

Luca Bianchin è il secondo intervistato per la serie "Come si diventa giornalisti". Luca, che come Valerio il primo intervistato e tutti gli altri che verranno in seguito, ha meno di 30 anni, lavora alla "Gazzetta dello Sport" da 3. E' uno dei più giovani della redazione, ma è un punto di riferimento per molti colleghi anche più esperti. Il lunedì è uno di quelli che si occupa del Fantacalcio, il gioco di voti, punti in più per ogni gol segnato e in meno per ogni gol subito dalla propria squadra virtuale. E' lui ad asseganre i punti per gli assist. Inoltre per ogni problema con il programma d'impaginazione, quando le foto fanno le bizze per entrare in pagina o quando i comandi di colore o grandezza del formato non ne vogliono sapere di funzionare il suo nome è invocato a gran voce dai colleghi della redazione calcio, e non solo. Per non parlare degli stagisti: per loro è un vero e proprio punto di riferimento. Insostituibile.

La tua carta d’identità: nome, cognome, data e luogo di nascita.

Mi chiamo Luca Bianchin, sono nato a Varese l'1 ottobre 1983.

Come ti immaginavi da piccolo il mestiere del giornalista?
Mai immaginato granché: niente aerei per New York, niente titoli in prima pagina, niente interviste al presidente. Però mi veniva spontaneo raccontare un evento sportivo.

Qual’è stata la molla che ti ha fa fatto scattare la voglia di diventarlo?
Niente di razionale. Ho pensato che mi sarebbe piaciuto farlo, quasi che avrei dovuto farlo. Hanno aiutato la Gazzetta, lo sport di Repubblica e Federico Buffa (seconda voce del basket di Sky, per me soprattutto autore del primo “Black Jesus”).

Quali sono stati i tuoi primissimi esordi?
Costone Siena-Colle, serie C di basket, primo novembre 2003. Più o meno, una settimana dopo aver scritto al Corriere di Siena chiedendo di collaborare. Il 22 febbraio 2004, promozione in Serie A: presentazione di Mens Sana-Skipper Bologna. L’anno del primo scudetto del Montepaschi.

Che percorso di studi hai fatto?
Liceo classico a Varese con diploma nel 2002. Poi mi sono iscritto a Giurisprudenza a Siena (collaborando con il Corriere di Siena) dove ho preso la laurea triennale nel 2005. Lo stesso anno sono entrato all'Ifg a Milano.

Cos’hai provato il primo giorno in una redazione vera e qual’era?
Il primo giorno è esaltante, se ti piace questo lavoro. La pagina in costruzione, la scelta delle parole per il pezzo, la ricerca di una foto. Un altro segnale per capire se sei nato per questo.

Quale è la tua situazione lavorativa attuale (tipo di contratto, collaborazioni, etc...)?
Contratto di sostituzione alla Gazzetta dello Sport, dove lavoro dal 2006.

La tua più grande soddisfazione e delusione
La prima firma sulla Gazzetta è stata speciale, per quello che rappresentava non solo per me. Essere escluso da un progetto (e da un giornale) per motivi extra-giornalistici, invece, non è tra le dieci cose più belle della mia vita.

Quali sono le tue prospettive future?
Solo nell’estate 2002 il mio futuro è stato così incerto. Potrei cambiare città e forse lavoro, oppure tutto potrebbe restare così. Mi sembra giusto: ho più voglia di sperimentare che bisogno di certezze.

Il tuo sogno più grande?
Potrei parlare di giornalismo sportivo e citare l’Olimpiade, la FinalFour Ncaa (basket, ovviamente), il Mondiale di calcio, Wimbledon. La verità è che devo ancora scoprirlo.



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giovedì 16 luglio 2009

La realtà e i desideri (de "La Repubblica")

Chi ha aperto oggi il sito di Repubblica, probabilmente ha pensato che Berlusconi ne avesse detta un'altra delle sue. "Ho fatto il miracolo", era il titolo che il sito aveva per la notizia sulla 17esima vista del premier nei luoghi del terremoto.


Berlusconi, girando tra i cantieri di Onna, si compiaceva della rapidità con cui i lavori avanzano e, fermato dai giornalisti, ha rilasciato parecchie dichiarazioni tra le quali: "E' quasi un miracolo che tre mesi dopo il terremoto le case arrivino già al tetto" (il tutto si può riascoltare sul sito del Tg1 nell'edsizione delle 13.30 di oggi).


Il titolo che il sito ha riportato è totalmente fuorviante e, anche se si addice perfettamente al personaggio, falso.

Ora, è vero che probabilmente Berlusconi alludesse a se stesso come autore del miracolo e non qualche entità soprannaturale (il personaggio lo conosciamo), ma quelle riportate non sono parole che ha pronunciato. "La Repubblica" si rivela, come spesso ultimamente, un giornale inaffidabile. Scambiare la realtà con i propri desideri è uno degli errori più gravi che una testata possa fare.

Il gruppo su facebook "Per una nuova La Repubblica" rimane aperto. E da oggi c'è un motivo in più per sostenerlo.






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sabato 11 luglio 2009

"Farò il viandante dell'informazione, non la prostituta", Valerio Mingarelli

Con Valerio Mingarelli partono le interviste ai ragazzi "che ce la stanno facendo" ad affermarsi nel mondo ermetico del giornalismo. 10 domande, per tutti le stesse, per raccontare 10 storie di ragazzi under 30 con la passione di raccontare ciò che gli accade intorno. Si comincia da Valerio Mingarelli, redattore delle pagine economiche del free press Metro, che sogna di intervistare l'economista Yunus e fare la telecronaca di un grande evento sportivo.

La tua carta d´identità: nome, cognome, data e luogo di nascita.
Valerio Mingarelli, nato a Fabriano, in provincia di Ancona, il 19 febbraio 1980.

Come immaginavi da piccolo il mestiere del giornlista?
Da bambino lo ritenevo un mondo elettrizzante e inebriante, habitat naturale delle persone curiose (la curiosità rimane la dote imprescindibile a mio giudizio per affrontare sta palude di mangrovie). Un flusso frenetico ma molto appagante: raccontare la realtà (con tutti i suoi accadimenti, anche i meno rilevanti) e portarlo nella capoccia e nelle pupille del prossimo non è roba da poco. In età adolescenziale ho immediatamente captato che in realtà quello dei giornalisti non era un anfratto di mondo con lustrini e paillettes, bensì uno dei tanti settori dove non si muove una foglia senza che il proprio tornaconto non voglia. Con l'aggravante che solo il liutaio, il notaio e il conciatore di pelli sono professioni con un tasso di ereditarietà pari a questo. E ho capito qual è la cancrena di ogni aspirante Pulitzer: l'autoreferenzialità. La legittima ambizione si tramuta nel 99% dei casi in spacconeria stile avversari di Terence Hill e Bud Spencer nei loro film. Poi però i cazzotti arrivano dritti sui premolari....

Qual´è stata la molla che ti ha fa fatto scattare la voglia di diventarlo?
Più che una molla è stata una palla: io desideravo di emergere nello sport e nella fattispecie nella pallacanestro. A 17 anni però, nonostante ero il 12° di una squadra di serie A (A-2, ma sempre prima lettera dell'alfabeto è) mi accorsi, una volta partiti i frammenti ossei del mio scafoide destro in seguito a un fortuito crash di gioco con un giovanotto di 133 kg x 208 cm (pieno di salute), di essere molto più bravo a raccontarlo alla radio, il basket, piuttosto che a calcare i parquet di tre quarti dello stivale. Questa nuova dimestichezza mi ha portato a raccontare eventi sportivi, dal calcio al basket, dal ciclismo al volley fino agli assoluti italiani di deltaplano prima in onde radio e poi per diverse tv locali.

Quali sono stati i tuoi primissimi esordi?
I miei esordi al microfono risalgono a 10-11 anni fa, con delle radio locali marchigiane. Poi, facendo l'università a Perugia ho virato su delle radio umbre, e da lì sono approdato prima a Tv 23 (la mia prima esperienza degna di tale sostantivo in campo giornalistico) e poi a Trg, altra emittente con sede centrale a Gubbio. Poi sono arrivati il Giornale dell'Umbria, il Corriere Adriatico e nel 2004 sono diventato bordocampista del Foligno (calcio, serie C-1) e del Gualdo (calcio, serie C-2), e soprattutto telecronista ufficiale del Fabriano Basket (serie A-1 e serie A-2) e anche della Brunelli Nocera Umbra Volley (A-2 femminile). I giornalisti che incontravo mi stavano simpatici più o meno come assegni post-datati, ma mi sono lasciato poratr via dall'uragano Katrina del giornalismo. Poi è cominciato il nodo di Gordio di contrattini, collaborazioni e via discorrendo. Ma soprattutto oltre allo sport ho cominciato a spingermi verso le acque alte di altri settori come cultura, spettacolo e cronaca. Se sali sulla giostra tutto sommato è gustoso girare.

Che percorso di studi hai fatto?
Come studi ho fatto il liceo classico, poi ho preso la laure quinquennale in Scienze della Comunicazione (scelta in quanto volevo far qualcosa con la certezza di portarla a termine: io ho sempre studiato parecchio e volentieri, ma solo le cose che trovavo interessanti, e questa non è una gran trovata) con una tesi sulla dispositio nell'audiovisivo nell'informazione televisiva. Poi ho frequentato l'IFG di Urbino nel biennio 2006-2008. A scuola ho imparato le vere cose che bisogna sapere per fare in questo lavoro, che sa essere figo e crudele allo stesso tempo e che io vorrei un tantino diverso Sono giornalista professionista dal novembre del 2008.

Cos´hai provato il primo giorno in una redazione vera e qual´era?
A TV23, il mio primo luogo di lavoro serio, mi hanno messo subito nei cicli produttivi in modo quanto mai forsennato. I primi sintomi sono stati pruriti plurimi e attacchi di piacevole follia. I sintomi del primo giorno a Sky Sport, dove ci sono arrivato in stage dall'Ifg, sono stati: gambe che facevano "giacomo giacomo" e tremolii vari, ma poi il tutto si è tramutato in una sensazione da brividi per la colonna vertebrale. Esperienza unica e grandissima a fianco a maestri del giornalismo sportivo. Spettacolo.

Quale è la tua situazione lavorativa attuale (tipo di contratto, collaborazioni, etc...)?
Io ora ho un contratto da redattore di prima nomina con scadenza a dicembre 2009 (part time al 70%) con il quotidiano Metro. Mi occupo della pagina di economia e delle rubriche economiche, sul lavoro e sul settore immobiliare. Talvolta aiuto i colleghi dello sport. Poi ho un bel grappolo di collaborazioni, con diversi giornali delle mie parti, con alcuni siti qui a Milano, con una radio e una tv (ma ahimè sempre più sporadiche).


La tua più grande soddisfazione e delusione
La prima spero che debba ancora arrivare, comunque finora è stato l'interscambio con i lettori/utenti, telespettatori. Col giornalismo unidirezionale non vado d'accordissimo. Poi naturalmente seguire il Tour de France per Sky (l'edizione 2007 poi fu movimentata da imprese e scandali doping a go go), ma anche raccontare le imprese sportive del basket di serie A ti dà i suoi brividi, e questo l'ho fatto per circa 8 anni. Poi a Metro le soddisfazioni sono state tante, dall'essere i primi a dire che i redditi degli italiani erano online sul sito dell'agenzia delle entrate, alle interiste ad economisti come Daveri, Boeri, Tiraboschi e via dicendo. Poi i servizi sugli sport americani e l'aver intervistato Alfredo Martini e Dino Meneghin, due che in ciclismo e basket sono nell'iperuranio. Le delusioni? Semplice: ogni volta che ho lasciato un posto o che ho smesso di lavorare a un progetto un po' di malinconia c'è. Poi ogni qual volta ti accorgi di aver fatto delle corbellerie, che in questo campo tendono a notarsi oltremodo. Comunque temo che ne arriveranno delle altre, speriamo non più cocenti di quelle già avute.

Quali sono le tue prospettive future?
Vivere ora dopo ora senza andare a lunga gittata: se non lo fai il giornalismo ti affiara come il girarrosto del kebab. Continuerò a fare il viandante dell'informazione (spero non la prostituta). Se poi non ci riesco, vedremo. Non è che so fare granché al di fuori di qua.

Il tuo sogno più grande?
Vedere una professione più scevra da divismo, nonnismo, precariato, autoreferenzialità, disfattismo, asservitismo, apatia, arrivismo (la lista dei difetti è chilometrica, ma il mestiere è e resta fighissimo ed emozionante).
Poi, raccontare una finale Nba di basket, un Superbowl, ma mi accontenterei anche di una Parigi-Roubaix, di un match di Wimbledon o di una classica dello Sci alpino (magari Kitzbuhel, Adelboden o Campiglio). Poi, nel mio attuale ambito, intervistare Yunus, il genio del microcredito.




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mercoledì 8 luglio 2009

Come si diventa giornalisti?

Dopo le interviste agli autori di libri sul neofascismo, l'apertura di un gruppo su Facebook per discutere sul quotidiano "La Repubblica", da 19marzo09 parte una nuova iniziativa: interviste a giovani giornalisti "che ce la stanno facendo".

L'idea parte dalla lettura di "Ci metto la firma", il libro di cui si è parlato nel post precedente. Come si può leggere, 19marzo09 aveva mandato una mail all'autore facendo notare un aspetto importante del libro. Se si vuole aiutare chi oggi pensa di intraprendere il percorso per diventare giornalista, non si può chiedere consiglio a 50enni o 6oenni. Non si tratta di una rivolta generazionale, ma di una presa di posizione che ha implicazioni pratiche. L'esperienza di un giornalita già affermato, che ha firmato pezzi importanti rimane importante ed è fondamentale conoscerla, ma solo a scopo conoscitivo.

Il mondo dell'informazione è oggi totalmente diverso da quello di soli 10 anni fa, figurmoci 20 o 30. 19marzo09 ha così deciso di chiedere a ragazzi under 30 che sono già entrati nel mondo dei giornali di raccontare la propria esperienza, la loro situazione lavorativa, i loro studi e i loro sogni. E' a loro, grandi firme del domani, che bisogna chiedere come fare per provare ad affermarsi in un mondo chiuso ed in crisi come quello del giornalismo.



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lunedì 6 luglio 2009

A.A.A: Cercasi giovani giornalisti

Girando in libreria ho trovato un libro. "Ci metto la firma. La gavetta dei giornalisti famosi" di Mariano Sabatini. Classico libro in cui il titolo spiega benissimo il contenuto. L'autore ha ascoltato giornalisti noti come Ennio Remondino, Vittorio Zucconi, Aldo Cazzullo, Daniele Mastrogiacomo, solo per citarne alcuni, e intervistandoli secondo uno schema fiso per tutti, racconta i loro esordi. Ho letto appena 63 pagine, ma ho sentito subito il bisogno di mandare una mail all'autore (l'indirizzo è stato facilissimo da trovare, lo scrive lui stesso alla fine del libro) facendogli una proposta. Leggete il testo della mail:


"Ciao Mariano,
non ti do del lei solo perchè le volte che l'ho fatto con dei "colleghi" sono stato rimproverato di troppo formalismo. Sono Francesco Ciaraffo, ho ventitre anni e frequesto l' IFG (Istituto per la Formazione al Giornalismo) a Urbino e ho appena finito il mio primo stage alla Gazzetta. Insomma, voglio fare il giornalista e sto cercando di attrezzarmi per diventarlo. Girando in libreria ho trovato il tuo libro, mi ha incuriosito e l'ho comprato. Ho iniziato a leggerlo ieri, quindi sono arrivato solo a pagina 63. Diciamo quindi che è un pò prematuro dirti quello che penso. Comunque l'idea è originale e anche la forma di intervista che seguono tutte lo stesso canovaccio. Ed è interessante soprattutto per chi, come me, sta facendo i primi passi in questa professione e
spesso ha la sensazione di essere una goccia nel mare. Ti scrivo per dirti una sensazione che ho avuto leggendo le prime interviste. Quelle che scorrono tra le mani sono pagine che raccontano di grandi giornalisti che ce l'hanno fatta. Sono diventate grandi firme! Ma le loro testimonianze sono lontanissime dalle mie esperienze. Molti hanno superato i 50, moltissimi i 40, alcuni i 60 anni. Mancano insomma i 30enni (del resto siamo in Italia...). Non ti devo dire io quanto questa professione sia cambiata in pochissimi anni e nel libro mancano le testimonianze di chi, trentenne degli anni 2000, è riuscito ad entrare in una redazione con un un buon contratto e in modo più o meno stabile. Magari non sono ancora grandi firme, ma è a loro che guardo per sconfingerre quei momenti in cui i "colleghi" più grandi e più "affermati" mi consigliano di lasciar perdere (memorabile il consiglio che ha dato Riotta, allora direttore del Tg1, a me e agli altri ragazzi della scuola di fare il fisioterapista ).
E' a loro, a mio modesto parere, che bisogna chiedere "come si divennta giornalisti oggi".
Che ne pensi se ne cerchiamo qualcuno di questi ragazzi e ci facciamo raccontare la loro esperienza?"




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venerdì 3 luglio 2009

Il salvadanaio


L'estate scorsa ho comprato un salvadanaio, o meglio mi è stato regalato. Ho deciso che l'avrei portato con me ogni volta che avrei cambiato città e avrei scritto sopra il nome e la data d'arrivo. E così ho fatto. A distanza di quasi un anno il salvadanaio è ancora praticamente vuoto (ho deciso di metterci dentro solo monete di piccolo taglio), ma sopra ci sono già scritto i nomi di due città (senza contare la città da dove è partito e quella dove vive la mia famiglia cioè dove passerà l'estate).


Cosa c'entra tutto questo? Guardavo il salvadanaio durante quello che è stato il secondo o terzo trasloco in 8 mesi, mentre gli cercavo un posto in valigia tra i vestiti per far si che non si rompesse. Pensavo che nulla come questo salvadanio potrebbe raccontare la vita dei giovani (o giovani-adulti, come qualcuno ci definisce): altà disponibilità allo spostamento e poca possibilità di risparmiare.

La probabilità che parlando con un giovane-adulto questi vi racconti che negli ultimi mesi è stato per un periodo fuori casa per studio o per lavoro, in Italia o all'estero, è molto elevata.

Il salvadanio è ancora in valigia. Tra qualche mese si riparte. Chissà se farò prima a riempirlo di soldi o a ricoprirlo con i nomi delle città in cui l'ho portato.


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