La tua carta d´identità: nome, cognome, data e luogo di nascita.
Valerio Mingarelli, nato a Fabriano, in provincia di Ancona, il 19 febbraio 1980.
Come immaginavi da piccolo il mestiere del giornlista?
Da bambino lo ritenevo un mondo elettrizzante e inebriante, habitat naturale delle persone curiose (la curiosità rimane la dote imprescindibile a mio giudizio per affrontare sta palude di mangrovie). Un flusso frenetico ma molto appagante: raccontare la realtà (con tutti i suoi accadimenti, anche i meno rilevanti) e portarlo nella capoccia e nelle pupille del prossimo non è roba da poco. In età adolescenziale ho immediatamente captato che in realtà quello dei giornalisti non era un anfratto di mondo con lustrini e paillettes, bensì uno dei tanti settori dove non si muove una foglia senza che il proprio tornaconto non voglia. Con l'aggravante che solo il liutaio, il notaio e il conciatore di pelli sono professioni con un tasso di ereditarietà pari a questo. E ho capito qual è la cancrena di ogni aspirante Pulitzer: l'autoreferenzialità. La legittima ambizione si tramuta nel 99% dei casi in spacconeria stile avversari di Terence Hill e Bud Spencer nei loro film. Poi però i cazzotti arrivano dritti sui premolari....
Qual´è stata la molla che ti ha fa fatto scattare la voglia di diventarlo?
Più che una molla è stata una palla: io desideravo di emergere nello sport e nella fattispecie nella pallacanestro. A 17 anni però, nonostante ero il 12° di una squadra di serie A (A-2, ma sempre prima lettera dell'alfabeto è) mi accorsi, una volta partiti i frammenti ossei del mio scafoide destro in seguito a un fortuito crash di gioco con un giovanotto di 133 kg x 208 cm (pieno di salute), di essere molto più bravo a raccontarlo alla radio, il basket, piuttosto che a calcare i parquet di tre quarti dello stivale. Questa nuova dimestichezza mi ha portato a raccontare eventi sportivi, dal calcio al basket, dal ciclismo al volley fino agli assoluti italiani di deltaplano prima in onde radio e poi per diverse tv locali.
Quali sono stati i tuoi primissimi esordi?
I miei esordi al microfono risalgono a 10-11 anni fa, con delle radio locali marchigiane. Poi, facendo l'università a Perugia ho virato su delle radio umbre, e da lì sono approdato prima a Tv 23 (la mia prima esperienza degna di tale sostantivo in campo giornalistico) e poi a Trg, altra emittente con sede centrale a Gubbio. Poi sono arrivati il Giornale dell'Umbria, il Corriere Adriatico e nel 2004 sono diventato bordocampista del Foligno (calcio, serie C-1) e del Gualdo (calcio, serie C-2), e soprattutto telecronista ufficiale del Fabriano Basket (serie A-1 e serie A-2) e anche della Brunelli Nocera Umbra Volley (A-2 femminile). I giornalisti che incontravo mi stavano simpatici più o meno come assegni post-datati, ma mi sono lasciato poratr via dall'uragano Katrina del giornalismo. Poi è cominciato il nodo di Gordio di contrattini, collaborazioni e via discorrendo. Ma soprattutto oltre allo sport ho cominciato a spingermi verso le acque alte di altri settori come cultura, spettacolo e cronaca. Se sali sulla giostra tutto sommato è gustoso girare.
Che percorso di studi hai fatto?
Come studi ho fatto il liceo classico, poi ho preso la laure quinquennale in Scienze della Comunicazione (scelta in quanto volevo far qualcosa con la certezza di portarla a termine: io ho sempre studiato parecchio e volentieri, ma solo le cose che trovavo interessanti, e questa non è una gran trovata) con una tesi sulla dispositio nell'audiovisivo nell'informazione televisiva. Poi ho frequentato l'IFG di Urbino nel biennio 2006-2008. A scuola ho imparato le vere cose che bisogna sapere per fare in questo lavoro, che sa essere figo e crudele allo stesso tempo e che io vorrei un tantino diverso Sono giornalista professionista dal novembre del 2008.
Cos´hai provato il primo giorno in una redazione vera e qual´era?
A TV23, il mio primo luogo di lavoro serio, mi hanno messo subito nei cicli produttivi in modo quanto mai forsennato. I primi sintomi sono stati pruriti plurimi e attacchi di piacevole follia. I sintomi del primo giorno a Sky Sport, dove ci sono arrivato in stage dall'Ifg, sono stati: gambe che facevano "giacomo giacomo" e tremolii vari, ma poi il tutto si è tramutato in una sensazione da brividi per la colonna vertebrale. Esperienza unica e grandissima a fianco a maestri del giornalismo sportivo. Spettacolo.
Quale è la tua situazione lavorativa attuale (tipo di contratto, collaborazioni, etc...)?
Io ora ho un contratto da redattore di prima nomina con scadenza a dicembre 2009 (part time al 70%) con il quotidiano Metro. Mi occupo della pagina di economia e delle rubriche economiche, sul lavoro e sul settore immobiliare. Talvolta aiuto i colleghi dello sport. Poi ho un bel grappolo di collaborazioni, con diversi giornali delle mie parti, con alcuni siti qui a Milano, con una radio e una tv (ma ahimè sempre più sporadiche).
La tua più grande soddisfazione e delusione
La prima spero che debba ancora arrivare, comunque finora è stato l'interscambio con i lettori/utenti, telespettatori. Col giornalismo unidirezionale non vado d'accordissimo. Poi naturalmente seguire il Tour de France per Sky (l'edizione 2007 poi fu movimentata da imprese e scandali doping a go go), ma anche raccontare le imprese sportive del basket di serie A ti dà i suoi brividi, e questo l'ho fatto per circa 8 anni. Poi a Metro le soddisfazioni sono state tante, dall'essere i primi a dire che i redditi degli italiani erano online sul sito dell'agenzia delle entrate, alle interiste ad economisti come Daveri, Boeri, Tiraboschi e via dicendo. Poi i servizi sugli sport americani e l'aver intervistato Alfredo Martini e Dino Meneghin, due che in ciclismo e basket sono nell'iperuranio. Le delusioni? Semplice: ogni volta che ho lasciato un posto o che ho smesso di lavorare a un progetto un po' di malinconia c'è. Poi ogni qual volta ti accorgi di aver fatto delle corbellerie, che in questo campo tendono a notarsi oltremodo. Comunque temo che ne arriveranno delle altre, speriamo non più cocenti di quelle già avute.
Quali sono le tue prospettive future?
Vivere ora dopo ora senza andare a lunga gittata: se non lo fai il giornalismo ti affiara come il girarrosto del kebab. Continuerò a fare il viandante dell'informazione (spero non la prostituta). Se poi non ci riesco, vedremo. Non è che so fare granché al di fuori di qua.
Il tuo sogno più grande?
Vedere una professione più scevra da divismo, nonnismo, precariato, autoreferenzialità, disfattismo, asservitismo, apatia, arrivismo (la lista dei difetti è chilometrica, ma il mestiere è e resta fighissimo ed emozionante).
Poi, raccontare una finale Nba di basket, un Superbowl, ma mi accontenterei anche di una Parigi-Roubaix, di un match di Wimbledon o di una classica dello Sci alpino (magari Kitzbuhel, Adelboden o Campiglio). Poi, nel mio attuale ambito, intervistare Yunus, il genio del microcredito.
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