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mercoledì 1 aprile 2009

Popolo (della libertà)


Caos.
E' la sensazione che più rimane impressa della giornata domenicale alla Nuova Fiera di Roma.
Al congresso del Pdl c'erano 6.000 delegati, 3.000 giornalisti accreditati, migliaia di ospiti.
Le migliori penne del giornalismo italiano hanno scritto di ciò che è accaduto sul palco. Altri, non meno importanti, hanno scritto articoli di colore, come vengono chiamati, sulle impressioni della platea.

Io ero tra le prime file. Degli invitati. Cinquanta, forse settanta metri dal palco. In quello spazio che divide un delegato da un invitato, dove i primi passano i badge all'amico sprovvisto nelle pagine di un giornale. Tra assessori di Vattelappesca e consiglieri comunali di Chennesòio in posa per i manifesti delle prossime elezioni amministrative con il mega palco come sfondo. Dove transenne gialle indicano la distanza tra l'io posso e tu no. E allora scattano le paroline sussurrate nell'orecchio del ragazzone che sorveglia l'ingresso: lei non sa chi sono io. Le parole urlate nel cellulare “Si lo so che sei in prima fila. Dai aspettami, arrivo, se solo mi facessero passare...”
Ministro? Vice ministro? Come minimo sottosegretario. Che importa. La prima fila è quella che conta. E non quella degli invitati.

“Si vota per....chi è favorevole? Chi è contrario?Chi si astiene?” Bedge che si alzano e si abbassano. “Si vota per....chi è favorevole? Chi è contrario?Chi si astiene?” Bedge che si alzano e si abbassano. In realtà quasi tutti lo alzano quando c'è da essere favorevoli. Del resto questi sono rituali stanchi di una liturgia ormai morta. E' uno “spettacolo” di cui i presenti sono parte integrante. Magari fino alla staccionata gialla.

Al di qua. “No, se lei si mette davanti io non vedo niente”. “Io sono partithho alle sei di stamane, ci si sveglia prima se si 'ole trova posto a ssedere!” “Uè Gaetà, porta a sedia ccà cà verimm megl”. Al di qua molti posti non sono a sedere, ma pur di esserci ci si sveglia alle sei di mattina, si parcheggia a quasi un chilometro dall'ingresso, si supera il parcheggio delle auto blu, si fanno
venti minuti di fila e “Uè Gaetà, porta a sedia ccà ca' verimm megl”.

Da qui giù sembra un puntino. Certo quando agita le braccia lo si nota di più. Quando mostra la pergamena pare farsi più grosso. É lui. Anzi Lui. Per alcuni il Presidente. “Oggi parla un'ora e mezza filata”.

Si vota ancora . Anche se in realtà il candidato è uno. Meglio, Unico. “Chi è favorevole?” Prima centinaia, poi migliaia di cartoncini gialli si alzano. Poi “...ricordo che il Presidente può essere eletto anche per acclamazione”. Ovazione.

“Si giusto”. “Ha ragione”. “Bravo”. L'inglese obbligatorio. I writers che imbrattano i muri delle nostre città. Più poteri al premier. La lucida follia. Anche al di qua della staccionata gialla arrivano. E al di qua della linea gialla “Si giusto”, “Ha ragione”, “Bravo”.

Poi “Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipio, s'è cinta la testa....”. Poi “Na na na na na na na..” Dagli altoparlanti parte la musica. Le parole ce le mettono quelli al di qua della staccionata gialla. “Meno male che Silvio c'èèèèèè”.

Il circo chiude. Sono quasi le 2. I tg hanno avuto ciò che volevano.

E' nato il Popolo della Libertà. Che poi a guardarlo bene, al di qua della staccionata gialla, sembra proprio un popolo normale.

Ps a breve il video "Il Popolo" (della Libertà)

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