Ma cosa succede se si allarga lo sguardo dal giornalismo alla società? Se invece di parlare della faziosità dei giornali parlassimo della faziosità di noi lettori-cittadini-elettori? Lo sintetizza Luca, che scrive:
"Quello che mi preoccupa è la piega che sta prendendo tutto questo. Come sempre in Italia, una deriva barricadera. Dove una opposizione che urla e si agita, grida al golpe, non fa altro che parlare del letto di Putin, un’opposizione alla Di Pietro insomma, è assolutamente funzionale al governo, ai berluscones, alla radicalizzazione di una situazione che ha una sola vittima, il Paese, sempre più impantanato nelle secche del suo immobilismo, sempre piu’ pieno di gossip e vuoto di politica. Che poi, se ci pensate, è proprio questo il lascito del berlusconismo: borrare, cancellare una coscienza civile critica e dividere la società in modo manicheo. Dove ci sono i buoni e i cattivi, le zoccole e le sante, i liberali e i comunisti, gli uomini del fare e quelli del parlare, il babaglino e Sabina Guzzanti, i Vespa e i Santoro. Nessuno è riuscito dividere cosi’ tanto, quasi antropologicamente, la società italiana negli ultimi anni, a trasformare la popolazione in chi ama il Silvio e sarebbe disposto a fare una colletta per pagargli la somma che Fininvest deve a CIR (tutto vero, ahimè, tutto vero!!! ma ci rendiamo conto che mostri?) e in chi lo odia, lo vorrebbe appendere per i coglioni a Piazzale Loreto. Lui, intanto, se la ride. E Repubblica, secondo me, c’è cascata, purtroppo, piegata a una deriva moraleggiante che dopo un po’, francamente, stanca. Una deriva moraleggiante che condanna il Corriere della Sera quando la campagna di Scalfari&C è stata fatta proprio con le notizie di via Solferino. Facendo l’amore con Di Pietro,poi, Repubblica si condanna all’eccessiva politicizzazione. Una politicizzazione, ahimè, destinata a rimanere minoranza."
Non credo che l'attuale situazione italiana derivi tutta da Di Pietro, ma credo che Luca colpisca nel segno quando dice che la società italiana è attraversata da una frattura insanabile.
Un vecchio slogan mafioso diceva "Non vedo, non sento, non parlo". Un motto vergognoso che in Italia siamo riusciti persino a peggiorare. Oggi infatti credo che tutti noi abbiamo fatto nostro il motto "Non vedo, non sento, ma parlo". Siamo chiusi al confronto, alla dialettica, siamo barricati dietro le nostre convinzioni, ci schieriamo da una parte o dall'altra senza possibilità di stare nel mezzo, abbiamo rinunciato alla possibilità di un confronto dialettico, che può essere anche acceso, per lasciare spazio all'invettiva se non all'insulto.
Tutti parlano, nessuno ascolta.
E tornando ai giornali mi viene in mente un altro proverbio popolare: "Dimmi cosa leggi e ti dirò chi sei".
Se leggi "Il Giornale" sei berlusconiano, evasore di tasse, un bugiardo, un criminale, un ricco sfondato, un puttaniere, un papalino, un corrotto e corruttore, un quasi analfabeta, fan di Feltri.
Se leggi "La Repubblica" sei un comunista, fannullone, farabutto, protetto dai giudici, un moralista, un doppiopesista, un buon predicatore ma pessimo razzolatore, firmatore d'appelli, manifestante senza causa, fan di Santoro.
Steccati. Agli occhi degli altri siamo tutti classificati e schierati: con me o contro di me.
Per una parte è una toga rossa, fustigatore delle ricchezza di Berlusconi, un tipo stravagante promosso dopo aver emesso la sentenza contraria al premier e quindi per meriti politici.
Per l'altra parte una vittima del sistema mediatico controllato da Berlusconi, già mito, martire, bandiera da sventolare come un calzino turchese.
Nulla e nessuno sfuggono alla catalogazione. E se qualcuno lo fa è subito accusato di doppio-giochismo, di manovre losche. Penso all'associazione di Fini FareFuturo che propone l'insegnamento dell'Islam nelle scuole o il voto agli immigrati.
E voi? Con chi state? Come vi cataloghiamo?
A 19marzo09 piacerebbe un mondo come quello descritto da Giovanni De Mauro sull'"Internazionale" di questa settimana e che ha segnalato Brunella:
"Il direttore del Corriere della Sera ha ragione quando scrive che i giornali non sono un partito, ma non per questo dev’essere accusato di stare dalla parte di Berlusconi. Il fondatore di Repubblica ha ragione quando dice che certe volte bisogna schierarsi, ma non per questo dev’essere accusato di volere il sangue degli avversari. I due più importanti quotidiani nazionali hanno grandi responsabilità nell’imbarbarimento del confronto politico, ma chi lo dice non dovrebbe essere rimproverato di voler mettere il bavaglio ai giornalisti. La stampa straniera ha ragione quando si stupisce che gli italiani votano ancora per il centrodestra, ma non per questo dev’essere accusata di voler sputtanare l’Italia. A volte però anche la stampa straniera usa pigri stereotipi per parlare dell’Italia, e se lo si fa notare non per questo si può essere definiti campanilisti. Perfino Berlusconi ha ragione quando afferma che non ha più di fronte una vera opposizione, e riconoscere che ha ragione non significa essere voltagabbana o disfattisti. In poche parole, dovrebbe essere possibile continuare a ragionare sui fatti senza per questo essere inchiodati a una tesi o alla sua antitesi".
Bello. Molto bello, ma chi è disposto a sacrificare parte dei propri convincimenti per mettersi in gioco?
Diffido sempre da chi ha la Ragione. O anche solo se crede di averla. Figuratevi il disagio che 19marzo09 prova di questi tempi che tutti credono di averla in maniera totale ed esclusiva.
Finisco tornando al giornalismo. Comincio molto spesso la giornata leggendo "Buongiorno", la rubrica di Massimo Gramellini su "La Stampa". Nel decennale della nascita l'autore ha scritto queste parole:
"Quelli che «certo che voi comunisti, se non aveste Berlusconi da sfottere, non sapreste cosa scrivere»: li perdono.
Quelli che «va bene che lei sta con Berlusconi, ma ogni tanto potrebbe sforzarsi di trattare bene la sinistra»: li perdono".
Mi piace cominciare la giornata leggendo una persona che scrive semplicemente quello che pensa senza poter essere catalogato.
Anche a 19marzo09 piacerebbe un giorno poter scrivere senza che il lettore si chieda da che parte sta; vorrebbe poter leggere senza chiedersi chi scrive da che parte sta; vorrebbe poter ascoltare senza chiedersi chi parla da che parte sta; vorrebbe poter parlare senza che il suo interlocutore si chieda da che parte sta.
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